Era il 4 marzo 2017 quando spaccando una finestra i ladri entrarono in una casa a Cerreto Guidi e portarono via un cellulare e un braccialetto. Il 5 maggio un colpo fu a Firenze di monili in oro e un tentato colpo, nella stessa città, andato a vuoto perché messi in fuga dai proprietari. Tre episodi nella scaletta di quella che, per la procura di Pisa, era una banda di furti – spesso, ma non sempre, sotto la regia di una donna. Nei giorni scorsi c’è stata la sentenza per tutte quelle posizioni che avevano scelto di difendersi al dibattimento. Undici le condanne: Antonella Macaluso, 6 anni e sei mesi; Angletin Mena, 8 anni e 8 mesi, Besmir Kasmi, 7 anni e 6 mesi; Naser Dubovic, 3 anni e 6 mesi; Ramizi Dubovic, 3 anni; Angelo Seljimi, 3 anni e un mese; Samuele Beljuli, 3 anni; Elvira Dubovic, 2 anni (pena sospesa), Adem Gjoka, 3 anni; Massimo Vispo, 6 mesi; Shkelzen Cala, 3 anni e 3 mesi. Secondo la Procura il gruppo, aveva una donna spesso regista delle operazioni: la Macaluso. Sarebbe stata lei, secondo la ricostruzione degli inquirenti – pm Giovanni Porpora – a fare da collante tra due bande di diversa etnia, rom e albanesi, ritenuti autori di razzie in mezza Toscana, dalla costa all’entroterra. Nella ricostruzione degli inquirenti ci sono una sequenza di fatti – azioni con protagonisti due o tre soggetti alla volta – con episodi anche cruenti, come quello ai danni di una coppia di anziani, rapinati con pistola alla testa per farsi consegnare le chiavi della cassaforte che fu ripulita di preziosi e contanti. Una lunga indagine ha portato al processo, fra pedinamenti e intercettazioni. Al timone, appunto, ci sarebbe stata spesso lei, una sorta d’autista dei ladri, nome di battaglia ‘La Zia’. Obiettivo: gioielli, soldi e orologi di gran pregio, come il Rolex. Sono ventitré gli episodi – tra 2016 e 2017 – contestati dall’accusa all’interno del processo. Episodi per i quali le indagini hanno ricostruito quelli che sono ritenuti essere stati di volta in volta i singoli autori.
Carlo Baroni