Allerta salute in etichetta Tutti uniti contro la scelta

I produttori di vino dell’Empolese Valdelsa compatti nel condannarla. La difesa del consumo moderato, secondo lo stile della dieta mediterranea

Migration

di Francesca Cavini

A volte il tempismo è tutto. Ecco perché il simposio in corso da ieri e che si conclude oggi a Napoli organizzato dall’Assoenologi che ha come argomento “Vino e salute, fra alimentazione e benessere“ non poteva avvenire in un momento più opportuno. L’evento ha per argomento il rapporto che lega un consumo moderato di vino con risvolti positivi sulla salute e a parlarne sono chiamati medici, nutrizionisti e cardiologi. Forse, viste le circostanze attuali, invitare, sebbene all’ultimo momento, qualche rappresentante del governo irlandese non sarebbe stata una cattiva idea. Il mondo enologico è in subbuglio perché da oggi nell’Isola di smeraldo entra in vigore la norma sulle etichette degli alcolici che devono riportare un “health warning“ cioè mettere in guardia il consumatore dai rischi che consumare birra, vino e liquori ha per la salute. I produttori di vino dell’Empolese Valdelsa sono molto preoccupati.

"Per i mercati non è una cosa buona – spiega Riccardo Pucci enologo delle Cantine Leonardo di Vinci – perché commercialmente è un danno nell’immediato per il prodotto vino circoscritto all’Irlanda ma in prospettiva potrebbe esserlo molto di più se la norma fosse adottata da altri Paesi. Se si pensasse di più a educare a un consumo responsabile sarebbe meglio: se nell’arco della giornata bevo un bicchiere di vino buono e fatto bene non succede niente. L’eccesso fa male sempre e comunque, ma non solo col vino. Anche col salame, la cioccolata o le patatine fritte piene di conservanti. Noi non esportiamo in Irlanda, ma se il concetto venisse applicato anche da altri Paesi che non sono produttori di vino, allora diventerebbe molto rischioso per la nostra attività".

In accordo con l’osservazione che “l’alert in etichetta provoca un danno di immagine inestimabile“, il presidente della Cantina Sociale Colli Fiorentini di Val Virginio, Ritano Baragli, incalaza: "E’ un approccio completamente sbagliato. Noi siamo i primi a insistere sul consumo equilibrato, moderato e consapevole del vino, che così non fa male alla salute. Poi, il segnale che arriva dall’Irlanda è negativo perché potrebbe comportare una deriva tipo ’ogni Stato fa ciò che vuole’. Serve invece una politica europea che valorizzi le eccellenze dell’agroalimentare di ciascuno. Oltretutto, questa decisione arriva in un momento di difficoltà delle vendite di vino. La gente mediamente, oggi, con il caro vita in atto, deve riservare per altri obiettivi l’utilizzo delle proprie risorse".

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindaco di Montespertoli (‘capitale’ della produzione di Chianti, tra i 100 e i 150mila ettolitri annui), Alessio Mugnaini, che si allinea sulla posizione dell’Associazione nazionale Città del Vino (di cui Montespertoli è associata): "Condivido la posizione delle Città del Vino e del nostro presidente Angelo Radica, ovverosia che questi continui attacchi fanno male a chi come noi è abituato a promuovere da sempre un consumo moderato e di estrema qualità dei prodotti vitivinicoli. In Toscana siamo da sempre abituati ad un consumo quotidiano in piccole quantità e da sempre sappiamo riconoscerne le qualità. Mi aggiungo con forza all’appello al Governo affinché il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare alzi la voce conntro questa ennesima operazione di discredito verso il vino".

Il presidente della coop Montalbano Olio e Vino, Cesare Paganelli, rincara la dose: "È grave che un Paese della comunità europea come l’Irlanda abbia predisposto una vera e propria discriminazione verso un prodotto con una storia e una tradizione come il vino. Attraverso una etichetta che di fatto evidenzia un allarme sanitario per i cittadini che ne fanno uso. Siamo tutti d’accordo nel consigliare un consumo moderato e consapevole dei prodotti enologici, ma paragonare il vino al fumo non va bene. Auspico che il governo italiano si attivi per far valere ragioni oggettive sull’opportunità di questa decisione".

(ha collaborato Andrea Ciappi)