Siena, le realtà parallele del Monte. Prestiti, derivati e aumenti per tappare la falla

Tra il 2007 e il 2012 politica e finanza osannano il presidente Mussari, mentre il management cerca di trovare i 17 miliardi per pagare Antonveneta

Il presidente di Banca Mps Giuseppe Mussari con il direttore generale Fabrizio Viola

Il presidente di Banca Mps Giuseppe Mussari con il direttore generale Fabrizio Viola

Siena, 16 novembre 2021 - Da quella notte dell’8 novembre 2007 il Monte dei Paschi entra in modalità ’bipolare’. C’è la realtà dei fatti, mai in vetrina, a cominciare dalla prima bocciatura dei mercati finanziari, con un miliardo di euro di capitalizzazione del titolo bruciato in una seduta di Borsa. E c’è la narrazione di una banca che, dopo Antonveneta, è diventata la terza in Italia. Con l’esaltazione di Giuseppe Mussari come banchiere perno del sistema, eletto per acclamazione a giugno 2010 presidente dell’Abi. Assieme agli inni del ’modello Siena’, piccola città diventata capitale finanziaria. Valga per tutti il titolo del Corriere della Sera (evidenziato nel libro di Pietraserena, ’Mps: cronaca di un disastro annunciato’) che recitava: ’Mps, blitz su Antonveneta. Via alla terza banca italiana. Il Santander vende per 9 miliardi. E Siena batte l’offerta di Bnp Paribas. Aumento di capitale da 4,5 miliardi per l’acquisizione. La Fondazione non diluirà la quota’. Un riassunto didascalico di tutti gli errori che hanno contrassegnato quell’affare sciagurato. Dal prezzo che balzò a 17 miliardi per i soldi da ridare a Abn Amro alla ostinazione della Fondazione Mps di non scendere sotto la quota totem del 50,1% della banca.

Come a bordo del Titanic dopo l’urto con l’iceberg, anche a Siena si continuava a ballare. Il 21 gennaio 2008 il cda della banca deliberò di finanziare l’acquisizione di Antonveneta mediante "un aumento di capitale in opzione agli azionisti per un controvalore di 5 miliardi di euro, l’emissione di nuove azioni per un miliardo, al servizio di strumenti innovativi di capitale, l’emissione di obbligazioni subordinate per 2 miliardi, un finanziamento ponte per 1,95 miliardi da ripagare mediante la cessione di asset non strategici". Nel menu c’è tutto, dal prestito Fresh sul quale Banca d’Italia accese subito i riflettori, alla vendita di asset non strategici che comprendono il tentativo infruttuoso di cedere Banca Toscana. Eppure Banca d’Italia il 17 marzo 2008, a firma del governatore Mario Draghi, autorizza l’affare: "Non risulta in contrasto con il principio della sana e prudente gestione". Il prezzo ufficiale resta ancora 9 miliardi. All’assemblea del dicembre 2008 sul primo aumento di capitale fino a 5 miliardi, il presidente Mussari si dice "sicuro che Antonveneta non abbia in pancia cose strane. Abbiamo fatto una ’due diligence’, dalla quale è emerso che Antoveneta ha un attivo composto principalmente da crediti... e non possiede prodotti finanziari particolarmente sofisticati".

La modalità bipolare, stile ’dottor Jekyll e mister Hide’, continua per altri anni. La Mens Sana Montepaschi inanella 7 scudetti consecutivi nel basket, il Siena sponsorizzato Montepaschi gioca stabilmente in serie A. Nel 2011 viene lanciata anche una griffe di moda, con vino, abbigliamento e accessori vari con il brand 1472. Dietro le quinte il management della banca, guidato dal dg Antonio Vigni, dopo aver ristrutturato a dicembre 2008 il derivato Santorini con Deutsche Bank, nel 2009 vende i titoli Alexandria a Nomura, che in cambio spalma le perdite su un arco di trent’anni. E’ il famoso affare con Sadeq Sayeed, che registra Mussari mentre gli chiede ’avete capito cosa state firmando, vero?’. E anche stavolta lo sventurato rispose. Poi la banca prenota 1,9 miliardi di Tremonti Bond, promettendo il rimborso nel 2010. Bankitalia si sveglia e intensifica la vigilanza sulla liquidità del Monte. Chiedendo nel 2010, dopo un’ispezione, un aumento di capitale. Nel 2011 viene lanciata la ricapitalizzazione da 2 miliardi e la Fondazione la sottoscrive per la sua quota. Sul Monte ’bipolare’ si abbatte anche la tempesta finanziaria, dopo il crac Lehman Brothers. Lo spread vola a 580, il Monte fa incetta di titoli di Stato usando tutta la sua residua liquidità. Ma la falla non viene tappata e il 12 gennaio 2012 si chiude l’esperienza di Antonio Vigni alla direzione generale, iniziata nel 2006. Avrà 4 milioni di euro di buonuscita, al suo posto il Monte si affida a Fabrizio Viola.

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