Ludovica Criscitiello
Cultura e spettacoli

Un inno d'amore a Firenze nel libro del sindaco Dario Nardella

Il primo cittadino, intervistato dalla direttrice de La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno e QN Agnese Pini, ripercorre gli anni che lo hanno portato da Napoli fino alla guida di Firenze

Firenze, 24 febbraio 2023 – Un inno d’amore a Firenze. Alla città che lo ha accolto a quattordici anni quando si trasferì da Napoli in Toscana, in quella città universale che ha dato il titolo al suo libro. Il sindaco Dario Nardella si racconta, ripercorrendo le tappe che lo hanno portato a diventare il sindaco della città simbolo del Rinascimento.

Intervistato oggi dalla direttrice de La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno e QN Agnese Pini, negli spazi della Leopolda in occasione di Testo, fiera dedicata all’editoria di Firenze, Nardella ritorna con la mente ai suoi primi anni a Firenze quando iniziò a frequentare il liceo scientifico per poi passare al Conservatorio e al violino. «Un concentrato di tutta la mia esperienza – dice – che ha fatto di questo libroLa città universale. Dai sindaci un futuro per l’Italia e l’Europa”, il mio ringraziamento alla città che mi ha accolto come una madre adottiva.

Mia madre prese questa decisione di trasferirci per dare a me e ai miei fratelli un futuro migliore che giù purtroppo forse non avremmo avuto».

Anche se poi, aggiunge, rivolto ai numerosi giovani seduti in sala, se uno la passione ce l’ha dentro ciò che vuole può realizzarlo ovunque. Quella stessa passione che ha poi lo ha portato all’incontro fatale con la politica, con il Pd e infine alla guida di Firenze. «Non sono il primo non fiorentino a fare il sindaco di questa città. Un esempio illustre mi precede ed è Giorgio La Pira che veniva da Pozzallo».

A Firenze ma alle città in generale è dedicato un’ampia parte del libro. «Tre anni fa iniziava l’incubo del Covid e del lockdown – ricorda la direttrice Pini –, dovevamo uscirne migliori eppure la sensazione è che non ci siamo portati dietro niente di tutto questo e che lo abbiamo rimosso». Il ricordo di una Firenze città fantasma, svuotata dall’effetto pandemia, è stato però la molla che ha portato a una serie di riflessioni culminate poi nel libro.

«Abbiamo però imparato – dice Nardella – che le città non muoiono, oggi ci sentiamo prima di tutto parte di una città ancora prima che italiani ed europei. Si diceva che le città si sarebbero svuotate e la gente si sarebbe spostata in campagna. Così non è stato, il turismo è riesploso. Quello che mi dispiace è che abbiamo perso quel senso di solidarietà e di consapevolezza di un destino comune che il covid ci aveva trasmesso per lasciare posto all’egoismo e all’insensibilità».

Doveroso il riferimento all’aggressione ad alcuni studenti del liceo Michelangiolo – alcune classi erano presenti in sala - da parte di giovani appartenenti ad Azione Studentesca. «Mi si è raggelato il sangue nel sentire il ministro Valditara rimproverare quasi al limite della minaccia una preside che in una lettera esorta i suoi allievi a non essere indifferenti alla violenza. La storia di Firenze è anche storia di libertà, ma nelle scuole si parla poco del 900, di Resistenza, fascismo e antifascismo, i programmi scolastici si fermano alla Seconda Guerra Mondiale da generazioni. Invece dobbiamo dare agli studenti gli strumenti per conoscerla, poi saranno loro a trarre le conclusioni».

Quegli stessi studenti a cui poi Nardella si rivolge per rispondere a una delle ultime domande della Pini: «Quando pensa a Firenze che musica le viene in mente?». Tra i ragazzi si sentono i nomi di Sfera Ebbasta e Tiziano Ferro. «Mio figlio adora Shiva – dice Nardella - io sono più classico e penso a Bach che è universale e parla a tutti».