
Valeria Solarino
Grosseto, 19 marzo 2018 – È una storia emozionante sull'amicizia, la buona cucina e l'importanza delle seconde opportunità. Il regista grossetano Francesco Falaschi la scorsa estate ha girato il suo quarto lungometraggio tra Chiusi e Roma. Il film “Quanto basta”, distribuito da Notorious Pictures, uscirà nelle sale cinematografiche il 5 aprile. Arturo, interpretato dall'intenso Vinicio Marchioni, è uno chef di successo, con problemi di controllo dell'aggressività, finito dentro per rissa: deve scontare la pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina in un centro per ragazzi autistici dove lavora Anna, l'affascinante Valeria Solarino. Guido, il giovane attore Luigi Fedele, ha la sindrome di Asperger e una grande passione per la cucina. Fissato con l'ordine, ha una memoria impressionante ma soprattutto un rarissimo palato assoluto.
Quando le circostanze obbligano Arturo ad accompagnare Guido a un talent culinario si crea un rapporto di amicizia e fratellanza che cambierà i destini di entrambi. Nel cast figura un altro eccellente attore, Alessandro Haber. “Commedia d’incontri, feel good movie, Quanto basta – spiega il regista Falaschi – è in primo luogo un film di personaggi, che non ha paura delle emozioni e dei sentimenti positivi. In questo senso fin dall’inizio decisivo è stato il ruolo degli attori, straordinari per la loro preparazione e per la generosità che hanno dimostrato sul set, divenendo veri e propri coautori”. Nella realizzazione del film sono stati coinvolti alcuni allievi della scuola di cinema che Falaschi dirige a Grosseto. Alla stesura del soggetto ha lavorato anche Alessio Brizzi, docente maremmano.
La sceneggiatura è stata scritta da Falaschi insieme a Filippo Bologna, Ugo Chiti e Federico Sperindei. “Anche se Quanto basta è più un film sull’amicizia che sulla cucina – sottolinea Falaschi – è davanti al cibo che i due protagonisti trovano il loro punto d’incontro: sono rigorosi fino all’intransigenza. È nel viaggio che progressivamente si realizza un rovesciamento di prospettiva, fino a far chiedere allo spettatore chi sia quello che sta accompagnando l’altro. Inoltre Guido e Arturo, a tratti, finiscono per sembrare più lucidi e razionali degli altri personaggi. Sento, quindi, una continuità con altri miei lavori, soprattutto 'Emma sono io', in cui la diversità, vera o apparente, in quel caso la sindrome bipolare, diveniva anche una risorsa e rovesciava lo schema di rapporti tra chi aiuta e chi viene aiutato”.