Il giovane Berlusconi, la docuserie Netflix: “Racconto Silvio il seduttore”

Parla Simone Manetti, il regista livornese della docuserie Netflix sulla sua ascesa. "Un’indagine sociologica per cercare di capire una mutazione collettiva"

Un giovane Berlusconi nei primi anni ’80

Un giovane Berlusconi nei primi anni ’80

Livorno, 21 aprile 2024 – Chi l’avrebbe mai detto che un livornese avrebbe prodotto un lavoro cinematografico su Silvio Berlusconi. Eppure Simone Manetti lo ha fatto, firmando la regia della docuserie su Netflix intitolata ’Il giovane Berlusconi’.

Quando è nata l’idea di una serie su Berlusconi e perché una docuserie?

"L’idea viene da lontano e il primo trattamento fu scritto circa 3 anni fa da Piergiorgio Curzi, a cui poi si è unito Matteo Billi. Sono stato chiamato dal produttore Raffaele Brunetti della B&B Film per curarne la regia. Erano già coinvolti un co-produttore tedesco, Gebrueder Beetz. e l’emittente pubblica franco tedesca Zdf Arte. Volevamo raccontare quello che all’estero, ma anche in Italia, è meno conosciuto di Silvio Berlusconi, ovvero la sua ascesa imprenditoriale e in particolare la costruzione del suo impero televisivo. Infatti il titolo iniziale era Television".

Perché ha voluto raccontare il Berlusconi giovane?

"Il titolo in realtà nasceva in inglese “The Young B.” e ci sembrava suonasse molto bene per distinguerlo dal Berlusconi ’agée’ degli ultimi vent’anni. Forse giovanissimo non lo era neanche negli anni ‘80 in realtà, ma ’giovane’, nel senso di innovativo, fu sicuramente il suo approccio alla tv e al mercato. Poi, se le sue tv commerciali abbiano migliorato o meno la cultura del nostro Paese è un altro discorso. Su questo la serie non ha la pretesa di fornire una risposta. Il nostro è un viaggio nel tempo, un’indagine sociologica e laica per cercare di comprendere una mutazione collettiva".

Qual è l’aspetto di Berlusconi che l’ha sorpreso di più nella sua ascesa professionale?

"Lui voleva sedurre sempre e comunque i suoi interlocutori, che fossero clienti, spettatori o elettori. E’ una caratteristica tipica dei grandi venditori, ma credo che, al di là della convenienza e dell’utilità per i suoi affari, questa voglia di sedurre fosse più forte di lui. Non riusciva a farne a meno, voleva piacere a tutti i costi. Per tanti anni è stata la sua forza, alla lunga però è diventata anche una debolezza perché è impossibile pensare di piacere e convincere tutti, soprattutto quando si fa politica in maniera spregiudicata come ha fatto lui".

Che idea si è fatto dell’amore tra Berlusconi e l’Italia?

"Dipende dalle fasi della sua vita. Berlusconi, come mai nessun politico prima, ha sempre suscitato sentimenti estremi. O si amava o si odiava. Credo sia stato proprio lui a impostare così la sua carriera politica, a chiedere ai suoi elettori non il semplice consenso che si dovrebbe riservare ai nostri rappresentanti politici, ma qualcosa di più viscerale, che ha a che fare col tifo da stadio".