"Filumè e Don Mimì", storia di un amore appassionato sul palco a Firenze

La nuova commedia di Vincenzo Mario De Caro ispirata alla Filumena Marturano di Eduardo De Filippo

In alto Eduardo e Titina De Filippo, in basso Marcello Mastroianni e Sophia Loren

In alto Eduardo e Titina De Filippo, in basso Marcello Mastroianni e Sophia Loren

Firenze, 21 marzo 2023 – «Uno spettacolo dedicato prima di tutto a mia madre e poi a tutte le donne».

La Filumè dell’attore e regista napoletano Vincenzo Mario De Caro, interpretata da Anna Collazzo sul palco insieme a Michele Cimmino nel ruolo di don Mimì, andrà in scena sabato 25 (alle 21) e domenica 26 alle 16,45 al teatro Lumière di Firenze nello spettacolo “Filumè e Don Mimì. Ritratti appassiunati di un amore travagliato”.

«La mia ‘femmena’ si ispira a uno dei capolavori di Eduardo de Filippo» –. Commenta De Caro che sul palco interpreterà l’avvocato Nocella. Quella Filumena Marturano prostituta mantenuta per anni da Domenico Soriano che, per costringerlo a sposarla e soprattutto a dare un cognome ai suoi figli, si fingerà addirittura morente fino a raggiungere alla fine il suo scopo. Spettacolo del grande De Filippo in tre atti che ha ispirato il celebre film di Vittorio de Sica “Matrimonio all’italiana con Sophia Loren e Marcello Mastroianni.

«Sono due anni che leggo questo testo, anche grazie al laboratorio teatrale su Eduardo de Filippo che ho avviato qui a Firenze – continua De Caro - e mi sono detto che poteva essere un’idea quella di togliere molti dei personaggi secondari che ci sono nell’originale, così da concentrarmi su Filumena e Domenico, volevo un dialogo forte tra i due e non è un caso che finché non entrano i figli, è un battibeccare continuo».

Ma soprattutto quello che esce fuori, oltre al concetto di famiglia è il personaggio di lei, una donna che è un po’ come «un animale femmina pronto a sacrificare tutto pur di dare un futuro degno ai suoi figli». E poco importa se poi solo uno dei tre è il vero figlio di Don Mimì.

“E’ 'figlie so' figlie” è la famosa frase del monologo della Madonna delle Rose. Non ha importanza di chi sono, conta chi li cresce e il rapporto che instauri con loro. Monologhi, uno dietro l’altro come quello di Don Mimì che a un cameriere immaginario (che sul palco non ci sarà) racconta dei bei tempi andati come se si trovasse davanti a uno specchio. E poi c’è il finale insolito.

«Non c’è lei che piange e non c’è neanche tutto questo andirivieni, loro due che litigano, lei che va via, poi lui che arriva. Dopo che i figli sono entrati in scena chiamando papà Don Mimì e facendolo commuovere, i due si sposano direttamente». Anche la scenografia riflette un po’ questa rivoluzione generale. «Vorrei fare tutto in bianco e nero con elementi rossi come le fragole, una rosa che sta sul tavolo, una sciarpa, una cintura. Il rosso c’è per via della Madonna delle rose, una macchia di colore nel bianco e nero come una sorta di meteora. Ludovica Criscitiello