
Una scena di Fernand Cortez, foto (c) Michele Monasta
Firenze, 10 ottobre 2019 - Ci avviciniamo all'inizio della stagione che il Teatro del Maggio dedica alla lirica. Il titolo scelto quest'anno è Fernard Cortez, composto da Gaspare Spontini e rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1809. L'allestimento si riferisce proprio a questa versione, recuperandola per la prima volta in tempi moderni. Il lavoro segue gli schemi del Grand Opéra francese con dimensioni temporali ampie (quattro ore compresi gli intervalli, tanto che il 12, 16 e 23 ottobre inizierà alle 19 mentre il 20 la recita è programmata alle 15.30 info www.maggiofiorentino.com), grande presenza del coro, e momenti importanti di balletto. Se vogliamo, è una ripresa tutta da inventare da un punto di vista registico non esistendo allestimenti recenti a cui riferirsi. Quindi c'è un motivo in più per osservare la regia di Cecilia Ligorio alle prese con un argomento epico come la conquista del Messico.
In una scena dove prevalgono i toni scuri della battaglia e dell'oscurantismo religioso, Ligorio sa muovere i personaggi che vivono come imminente il cambiamento fondamentale verso una prima globalizzazione. Nell'opera di Spontini la conquista è un fatto positivo (d'altra parte il lavoro doveva omaggiare indirettamente Napoleone) e Cortez un condottiero illuminato. Al fido Moralez è affidato il compito di scrivere memorie che compaiono su carte geografiche antiche e che mettono in dubbio questa grandezza morale. La regista riprende anche lezioni di illustri precedessori come Pier Luigi Pizzi nell'uso di forme regolari e nel simboleggiare un movimento scenico con pochi elementi (le caravelle ancorate alla costa, i cavalli e l'artiglieria). Un modo efficace di raccontare la vicenda senza appesantirla e creando un legame con il lavoro di cantanti e orchestra.
In attesa della prima del 12 ottobre abbiamo apprezzato nel cast, a partire da Dario Schmunck nel ruolo del condottiero, la sicurezza con cui ha affrontato un'opera di esecuzione rara. La musica di Spontini presenta momenti di grande interessse, anche se quella scritta per il balletto conclusivo non è all'altezza delle pagine precedenti. Il direttore Jean-Luc Tingaud ha mostrato di tenere bene le ore di musica, ma anche nel suo caso attendiamo le rappresentazioni. Ribadendo la qualità del Coro del Maggio diretto da Lorenzo Fratini (fortunatamente è una consuetudine parlarne bene), ci ha colpito l'ottimo lavoro della Compagnia Nuovo BallettO di ToscanA con la coreografia di Alessio Maria Romano che ha reso con grande efficacia la parte dedicata alla danza. Un'opera da riscoprire e la cui lunghezza non deve spaventare un appassionato di buona musica.