Giancarlo Ricci
Cultura e spettacoli

Da Gubbio al mondo: come Goffredo Fofi è diventato una leggenda

Lutto per la cultura: morto l'uomo che ha inventato la critica militante

Goffredo Fofi si è spento a 88 anni: maestro di generazioni di intellettuali

Goffredo Fofi si è spento a 88 anni: maestro di generazioni di intellettuali

È morto oggi, 11 luglio 2025, a 88 anni, Goffredo Fofi, una delle figure più influenti e controcorrente del panorama culturale italiano. Critico cinematografico, letterario e teatrale, saggista e intellettuale impegnato, Fofi ha rappresentato per oltre sessant'anni una voce indipendente e critica, dedicando la sua vita alla costruzione di una cultura alternativa al consumismo e all'omologazione.

Un intellettuale controcorrente

Nato a Gubbio il 15 aprile 1937, Goffredo Fofi è stato un saggista, attivista, giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale italiano. La sua figura emerge nel panorama culturale italiano come quella di un intellettuale che ha sempre rifiutato le logiche del mainstream, dedicando la sua vita alla ricerca di alternative culturali e sociali.

Fofi è stato un intellettuale prolifico e controcorrente, critico letterario e cinematografico che negli anni ha espresso la sua filosofia volta alla costruzione di una rete alternativa alla cultura del consumismo e dell'omologazione culturale. La sua visione del mondo si è sempre caratterizzata per un impegno sociale e politico che ha permeato ogni aspetto della sua produzione intellettuale.

I primi anni e l’impegno sociale

Fofi lavorò negli anni Cinquanta e Sessanta in campo pedagogico e sociale collaborando a importanti esperienze, come quella di Danilo Dolci in Sicilia, e occupandosi del fenomeno dell'immigrazione dal Sud. Questo periodo di formazione fu fondamentale per plasmare la sua visione critica della società italiana e il suo impegno per i diritti dei più deboli.

L'esperienza con Danilo Dolci, il sociologo e attivista nonviolento che lavorava nelle zone più povere della Sicilia, segnò profondamente la formazione di Fofi. Da questa collaborazione nacque una sensibilità particolare per le questioni sociali e una metodologia di lavoro che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera: l'unione tra teoria e pratica, tra riflessione intellettuale e impegno concreto.

Il suo primo importante lavoro, "L'immigrazione meridionale a Torino" (1964), rappresentò uno dei primi studi sistematici sul fenomeno migratorio interno italiano, anticipando temi che sarebbero diventati centrali nel dibattito pubblico solo decenni dopo.

L’animatore di riviste storiche

Una delle caratteristiche più significative della carriera di Fofi è stata la sua capacità di creare e animare riviste culturali che hanno segnato la storia del dibattito intellettuale italiano. Ha diretto le riviste "Quaderni piacentini”, “Ombre rosse”, “Linea d'ombra”, “Lo straniero” e attualmente “Gli asini”.

  • Quaderni Piacentini (1962-1984) fu forse la sua creazione più importante. La rivista, fondata insieme a Piergiorgio Bellocchio, divenne un punto di riferimento per la sinistra critica italiana, ospitando contributi di intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Fortini, Calvino e molti altri. I "Quaderni" si caratterizzarono per un approccio interdisciplinare che univa critica letteraria, cinematografica, analisi politica e sociale.
  • Ombre rosse (1981-1991) nacque come evoluzione naturale dei Quaderni Piacentini, mantenendo la stessa impostazione critica ma adattandosi ai cambiamenti della società italiana degli anni Ottanta.
  • Linea d'ombra (1986-1992) rappresentò un tentativo di rinnovamento del dibattito culturale, con particolare attenzione alle nuove forme espressive e ai linguaggi contemporanei.
  • Lo Straniero (1997-2015) fu concepita come una rivista per "lettori forti", caratterizzata da una grafica essenziale e contenuti di alta qualità intellettuale.
  • Gli asini (2010-2025), la sua ultima creatura editoriale, rappresentò il testamento intellettuale di Fofi: una rivista dedicata all'educazione e alla formazione, con un approccio critico ai problemi della scuola e della società contemporanea.

Il critico cinematografico

Fofi si impose come uno dei critici cinematografici più autorevoli e influenti d'Italia. La sua critica si caratterizzò sempre per un approccio militante, che vedeva il cinema non solo come forma d'arte ma come strumento di analisi sociale e di trasformazione.

Il suo libro "Il cinema del no. Visioni anarchiche della vita e della società" (2015) rappresenta una sintesi del suo pensiero sul cinema come forma di resistenza culturale. Importante fu il suo contributo nella rivalutazione di Totò, attore che Fofi seppe leggere oltre la facciata comica, riconoscendone la profonda capacità di rappresentare le contraddizioni della società italiana.

Nel suo "Capire il cinema" (1977), Fofi propose una lettura del cinema che andava oltre l'analisi estetica, cercando di comprendere il rapporto tra cinema e società, tra industria culturale e pubblico. La sua critica si caratterizzò sempre per la capacità di cogliere negli autori e nei film le tensioni sociali e politiche del loro tempo.

L’intellettuale militante

Ciò che distingueva Fofi da molti suoi contemporanei era la sua concezione dell'intellettuale come figura necessariamente impegnata. In un'epoca in cui la figura dell'intellettuale è spesso messa in secondo piano, Goffredo Fofi rappresenta un esempio di integrità e impegno, un punto di riferimento per chiunque creda ancora nel valore della cultura come forza di cambiamento sociale.

La sua militanza non fu mai ideologica o di partito, ma sempre critica e indipendente. Fofi mantenne sempre una posizione di autonomia che lo portò a criticare tanto la destra quanto la sinistra quando riteneva che tradissero i valori della giustizia sociale e della libertà intellettuale.

Il teorico dell’educazione

Negli ultimi anni della sua vita, Fofi si dedicò con particolare intensità ai temi dell'educazione e della formazione. La sua rubrica "A squola" aveva un titolo volutamente provocatorio per riscoprire – oltre i banchi di scuola – figure e percorsi educativi dimenticati o poco valorizzati al giorno d'oggi, esplorando vecchi e nuovi modi di formare i giovani che saranno gli adulti di domani.

Il suo interesse per l'educazione non era casuale ma derivava dalla convinzione che solo attraverso una formazione critica e libera fosse possibile costruire una società più giusta. In questo senso, il suo lavoro con "Gli asini" rappresentò un tentativo concreto di offrire strumenti alternativi alla formazione tradizionale.

Goffredo Fofi
Goffredo Fofi

Il pensiero pedagogico

Fofi si ispirò alle pedagogie libertarie e cooperative, in particolare a Célestin Freinet e al Movimento di cooperazione educativa. Il suo primo appuntamento nella rubrica "A squola" fu dedicato a Mario Lodi, insegnante, pedagogista e scrittore italiano, che ha saputo rinnovare l'educazione attraverso metodologie ispirate a Célestin Freinet e al Movimento di cooperazione educativa.

La sua visione pedagogica si basava sull'idea che l'educazione dovesse essere un processo di liberazione e non di conformazione, un modo per sviluppare il pensiero critico piuttosto che per trasmettere nozioni preconfezionate.

La critica al consumismo culturale

Uno dei temi centrali del pensiero di Fofi fu la critica al consumismo culturale e all'omologazione. Già negli anni Sessanta, con "I quaderni piacentini", aveva individuato i rischi di una cultura sempre più subordinata alle logiche del mercato e del consumo di massa.

La sua battaglia culturale si concentrò sulla difesa di una cultura "alta" e impegnata, contro la banalizzazione e la mercificazione dell'arte e della letteratura. In questo senso, le sue riviste rappresentarono sempre delle isole di resistenza culturale, luoghi dove era possibile mantenere vivo un dibattito intellettuale serio e approfondito.

L’eredità di un maestro

La morte di Goffredo Fofi rappresenta la fine di un'epoca per la cultura italiana. Con lui se ne va uno degli ultimi rappresentanti di quella generazione di intellettuali che ha vissuto e interpretato i grandi cambiamenti del Novecento, dalla ricostruzione post-bellica al boom economico, dal Sessantotto alla crisi della sinistra.

La sua eredità è costituita non solo dai suoi scritti e dalle sue riviste, ma soprattutto dall'esempio di un modo di fare cultura che unisce rigore intellettuale e impegno sociale, competenza tecnica e passione civile.

Un maestro di libertà

Fofi ha insegnato a diverse generazioni di intellettuali italiani che la cultura non può essere neutrale, che ogni scelta culturale ha implicazioni politiche e sociali. Il suo insegnamento più importante è stato forse quello di mostrare come sia possibile mantenere la propria indipendenza intellettuale senza rinunciare all'impegno, come sia possibile essere critici senza diventare cinici.

Tra i suoi saggi più recenti si ricordano "Elogio della disobbedienza civile" (2015), "Il racconto onesto. 60 scrittori, 60 risposte" (2015), "Il cinema del no. Visioni anarchiche della vita e della società" (2015), e "Il Paese della sceneggiata" (2017).

La collaborazione con i grandi giornali

Fofi ha collaborato con quotidiani come Avvenire, Il Mattino, Il sole 24ore e con le riviste Panorama, Internazionale e Film TV. Questa collaborazione con i grandi media non ha mai compromesso la sua indipendenza intellettuale, ma gli ha permesso di portare il suo pensiero critico a un pubblico più vasto.

Il rapporto con le nuove generazioni

Negli ultimi anni, Fofi aveva mostrato una particolare attenzione verso le nuove generazioni, preoccupandosi di trasmettere loro non solo conoscenze ma soprattutto un metodo di pensiero critico. Come saggista e critico tra i più autorevoli in Italia, Goffredo Fofi ha risposto ad alcuni degli interrogativi più profondi della nostra epoca: il rapporto tra cultura e mercato, il lavoro giovanile, come si individua il talento e il falso mito di una cultura unica e omologata.

L'Impegno per la nonviolenza

Negli ultimi anni, Fofi aveva sviluppato un particolare interesse per i temi della nonviolenza e del pacifismo. Ha pubblicato saggi come "Dopo una guerra. il cinema, l'arte e la letteratura della nonviolenza", dimostrando come la sua riflessione si fosse evoluta verso una sempre maggiore sensibilità per i temi della pace e della giustizia sociale.

Un gigante della cultura italiana

Goffredo Fofi è stato molto più di un critico cinematografico o letterario: è stato un intellettuale nel senso più pieno e nobile del termine, una figura che ha saputo unire la competenza tecnica alla passione civile, la profondità dell'analisi alla chiarezza espositiva.

La sua morte rappresenta una perdita inestimabile per la cultura italiana, ma la sua eredità continuerà a vivere attraverso le sue riviste, i suoi libri e, soprattutto, attraverso l'esempio di un modo di fare cultura che non ha mai separato l'impegno intellettuale dall'impegno civile.

In un'epoca in cui la figura dell'intellettuale sembra sempre più marginalizzata, Fofi ci ricorda che la cultura può e deve essere ancora uno strumento di trasformazione sociale, un modo per comprendere e cambiare il mondo. La sua lezione più importante è forse questa: che non si può essere veri intellettuali senza essere anche, in qualche modo, militanti della libertà e della giustizia.

Con Goffredo Fofi se ne va una delle voci più lucide e coraggiose della cultura italiana contemporanea, un maestro che ha insegnato a guardare oltre le apparenze e a non accontentarsi mai delle risposte facili. La sua eredità continuerà a ispirare tutti coloro che credono ancora nel potere liberatorio della cultura e nell'importanza del pensiero critico per la costruzione di una società più giusta e più libera.