OLGA MUGNAINI
Cultura e spettacoli

Botticelli e gli altri tesori dimenticati. Villa La Quiete dai fasti alla polvere / VIDEO

Firenze: viaggio tra dipinti, sculture e reliquiari di inestimabile valore

Villa La Quiete contiene molti capolavori (foto Marco Mori/New Pressphoto)

Firenze, 8 marzo 2016 - È grazie a quel Botticelli “dimenticato” se si sono riaccesi i riflettori su Villa La Quiete, residenza medicea i piedi della collina di Careggi, passata quasi indenne attraverso i secoli. Ma come è logico che sia, un Botticelli non viaggia mai da solo. L’intero monumento architettonico è uno scrigno di tesori: dipinti, sculture, suppellettili, strumenti musicali, reliquiari, robbiane, arredi sacri. La tavola con l’Incoronazione della Vergine e Santi è sì nascosta al pubblico da anni, ma è in ottima compagnia, a cominciare da una Croce dipinta di Lippo di Bencivieni (1300-1305) appesa a una parete della quadreria, vicina alla pala di Ridolfo del Ghirlandaio, a dipinti di Carlo Dolci, sculture di Gian Battista Foggini.

Opere di diversi secoli, a testimoniare le diverse dinastie e le numerose generazioni di illustri inquilini che in quelle stanze hanno vissuto, passando dalle feste alle preghiere, da momenti gioiosi ad anni di ritiro nel silenzio e nella meditazione. Così come ha fatto Anna Maria Luisa de’ Medici, l’Elettrice Palatina, che lì visse gli ultimi anni della sua vita. Prima di lei c’era stata granduchessa Cristina di Lorena e dopo Vittoria della Rovere.

Ma anche in seguito la “vita” di Villa la Quiete è proseguita con grande splendore, diventando sede di uno dei più importanti educandati per ricche e aristocratiche fanciulle fiorentine, con la severa ma anche illuminata gestione delle suore dell’ordine delle Montalve. Adesso di tutti quei fasti c’è solo un vago ricordo, mischiato alla polvere sui pianoforti e sulle acquasantiere. Le stesse istituzioni che hanno acquistato la Villa per sottrarla al degrado, in qualche modo hanno finito poi per riconsegnata all’oblio.

Di proprietà dell’Università, l’immobile fu ceduto alla Regione, che pagò un bel po’ di soldi – 46 milioni di euro – utili a ripianare i debiti contratti dall’ateneo per realizzare il Polo di Sesto Fiorentino. Ma il patrimonio artistico è rimasto dell’Università e l’utilizzo della struttura è un po’ in comunione fra i due enti. A parte qualche raro convegno della Regione, le stanze e il parco sono per lo più frequentati da beati studenti di medicina, che transitano da lì per corsi di formazione e che si possono godere il sole nei giardini all’italiana, tra i labirinti di bosso e il profumo delle camelie giganti. Quanto poco importasse alla Regione di questo immobile, lo dimostra il fatto che lo aveva messo in vendita, forse senza avere piena consapevolezza del valore, ambiente per ambiente, dell’intero complesso. Stupisce, ad esempio, che nella chiesa costruita su commissione della stessa Vittoria della Rovere, si trovi un rarissimo Crocifisso ligneo sagomato, attribuito a Coppo di Marcovaldo, e risalente alla età del XIII secolo, che farebbe la felicità di qualsiasi museo di arte medievale.

Fra le meraviglie della Villa, c’è l’affresco al primo piano che dà il nome al luogo, un’allegoria della quiete dipinto da Giovanni di San Giovanni. Oppure lo struggente crocifisso scolpito da Baccio da Montelupo (1510 circa) collocato su una tavola raffigurante Maddalena e una suora domenicana, dipinta dalla mano di Ridolfo del Ghirlandaio. Sul cortire rinascimentale, dal sapore brunelleschiano per il colonnato e il rivestimento a pietra serena, si apre la sala delle Robbiane, che custodisce le lunette di terracotta invetriata lavorate dalla celebre bottega fiorentina.

E ancora il giardino degli aranci, la sala del giardino onirico e delle Ville Medicee, dove sono dipinte le facciate delle Ville di Poggio a Caiano, Demidoff e di Montelupo. E’ qui che il presidente del consiglio regionale, Eugenio Giani, ha fissato la prossima riunione di presidenza. E poi quel piccolo antro dell’alchimia, fra ampolle e vasi di erbe medicinali, che era l’antica farmacia delle suore, dove sono ancora custodite e catalogate le foglie di misteriose piante, quali la “manna”. Chissà, forse non serve un altro museo, ma certamente c’è bisogno di salvare queste magie e queste atmosfere di altri tempi, arrivate fino a noi sul filo della storia.