L'Italia del vino: tempi di bilancio e previsione

A tirare le somme dell'annata che si è appena conclusa e a darci un'idea di come andranno le cose nel 2022 è l'esperto e analista delle aziende vitivinicole Leonardo Comucci, presidente dell'Associazione Il Santuccio

L'analista delle aziende vitivinicole Leonardo Comucci

L'analista delle aziende vitivinicole Leonardo Comucci

Firenze, 2 gennaio 2022- Capodanno, tempo di bilancio anche per il settore vitivinicolo del nostro Paese. Ne abbiamo parlato con l'esperto e analista delle aziende vitivinicole Leonardo Comucci, presidente dell’Associazione Il Santuccio, che da oltre 20 anni organizza corsi per Sommelier. «Intanto un dato oggettivo - ha esordito Comucci -: il vino italiano ha retto l’urto della pandemia e chiude il 2021 meglio delle aspettative, sia in termini di volumi venduti che di fatturato, ma con molte incertezze per il futuro. Se l'instabilità dovuta alla pandemia oramai fa parte del nostro vivere quotidiano, ciò che non era previsto invece era il consistente aumento dei prezzi delle materie prime, che inesorabilmente si ripercuoterà sia sui produttori che sui consumatori finali».

Sono tante le variabili da analizzare, sottolinea l'analista, in un anno in cui le strategie delle cantine sono state diversissime «C'è chi è stato “costretto” ad aprire dei negozi virtuali sui propri siti aziendali iniziando a vendere direttamente ai consumatori finali, chi ha preferito continuare a puntare sull’export, chi ha investito sull’online di piattaforme dedicate e chi sulla grande distribuzione, quest’ultima in aumento nel 2021 ma destinata a tornare a livelli pre Covid con l’auspicata ripartenza dei locali e conseguente minor consumo di vino a casa. A rischiare di più sono state le piccole cantine, che hanno una fetta importante del proprio bilancio nelle degustazioni e negli acquisti dei turisti in cantina, in un anno che purtroppo, salvo sporadici periodi di relativa tranquillità, non ha visto il ritorno del turismo “ricco”, americano e asiatico. Altro problema sempre più pressante tra i produttori deriva dalla logistica, con container che non si trovano e ritardi ormai diventati la norma, soprattutto per le consegne internazionali, in un contesto generale molto incerto. E poi le fiere che magari si faranno ma con il rischio sempre presente di non avere i grandi importatori internazionali fermati da una pandemia che viaggia a ritmi differenti nei vari Stati». Dunque, le previsioni per il 2022 quali sono? Si berrà di più o di meno? «Non ci saranno grandi cambiamenti in questo nuovo anno e anche la graduale diminuzione a livello mondiale della quantità di vino procapite può essere spiegata dal momento che i consumi totali non progrediscono, mentre la popolazione globale continua a crescere. Se però consideriamo il consumo procapite di vino delle prime 15 nazioni ci accorgiamo che è rimasto stabile, con anche degli incrementi in nazioni considerate mature dal punto di vista vitivinicolo, come l’Italia o i Paesi di lingua anglofona, mentre è calato in Cina, già peraltro -in termini procapite- ancora molto basso. Tra le curiosità: sarà ancora quasi sicuramente il Portogallo a guidare la classifica della quantità di vino bevuto procapite, seguito dall’Italia e dalla Francia». Quali crede che saranno le tendenze per il futuro prossimo? «C’è una grande attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale, sia dal punto di vista agronomico che per le cantine e per il prodotto finale; continua la crescita delle bollicine bianche, con qualche quota di mercato conquistata dalle bollicine rosse e rosati, infine un nuovo fenomeno a livello mondiale che è la richiesta di vini a basso contenuto di alcol. La moda dei vini biologici, biodinamici, vegani e naturali inoltre, continuerà a crescere nel 2022, influenzata anche dalle guide di settore: il consumatore sarà sempre più portato a effettuare scelte più etiche e consapevoli al momento dell’acquisto, anche se i fatturati delle aziende continueranno almeno in Italia ad essere fatti con i vini della tradizione. Continua infine la crescita del mondo delle bollicine con il capofila Prosecco che batte ogni anno il record precedente in termini di produzione ed esportazione, pur continuando ad essere il vino più copiato e falsificato al mondo». Qualche consiglio per produrre un grande vino? «Per passare dalla grande qualità dei vini italiani alla vera eccellenza non è più sufficiente comunicare le qualità del vino, ma è necessario spostare l’attenzione del consumatore sui valori dell’azienda vinicola, sui suoi obbiettivi in termini di sostenibilità ambientale di medio e lungo periodo. Occorre cioè investire non solo nella comunicazione rispetto al prodotto, ma soprattutto nel produttore e nelle modalità con le quali il prodotto nasce. Semplificando, a parità di qualità di un vino in termini di caratteristiche sensoriali, saremo davanti all’eccellenza quando il produttore riuscirà a trasmettere al consumatore finale anche i valori e lo spirito che contraddistinguono l’azienda cercando di creare quel rapporto tra il lavoro di chi produce quel vino e il consumatore finale che si riconosce in quei principi aziendali. E in Italia iniziano ad essere diversi i vini di assoluta eccellenza riconosciuti e amati dal grande pubblico enoico».

Caterina Ceccuti