Prima le fa fumare uno spinello, poi la porta a casa e abusa di una quindicenne

Trentenne di Livorno a processo per violenza sessuale su una ragazzina, allora minorenne, conosciuta sui social. I fatti al centro sono avvenuti sul litorale pisano: in aula sono stati sentiti i genitori

Polizia di Stato

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Pisa, 23 febbraio 2021 - Prima le avrebbe fatto fa fumare uno spinello. Poi, con una scusa, l’avrebbe portata a casa e qui abusato sessualmente di lei, poco più che quindicenne.

Con queste accuse – relative a fatti che sarebbero avvenuti nell’estate del 2017 – è sotto processo un 31enne livornese difeso dall’avvocato Giuseppe Batini del foro di Livorno. Il primo contatto tra il giovane e la minore – com’è emerso ieri durante l’istruttoria dibattimentale davanti il collegio del tribunale di Pisa – sarebbe avvenuto tramite chat, sui social. In aula hanno sfilato i testimoni del pubblico minitero Flavia Alemni, e tra questi i genitori della ragazzina la cui testimonianza è già stata acquisita, si apprende, con lo strumento dell’incidente probatorio (acquisizione anticipata della prova) durante la fase delle indagini.

Quel giorno di luglio la minore aveva chiesto ai geniori di andare al mare, sul litorale che avrebbe raggiunto con il pullman. E’ in spiaggia che avrebbe fumato lo spinello e si sarebbe sentita male: venne soccorsa dai bagnini e da una signora che si travava nei paraggi. Poi, successivamente, con una scusa quel giovane uomo l’avrebbe condotta a casa sua dove si sarebbe consumato l’approccio "proibito". Il padre ha ricordato, sentito davanti i giudici, che a metà pomeriggio venne chiamato dalla moglie e seppe che la figlia si era sentita male. Allora lui la chiamò. Era sull’autobus e al genitore la ragazzina disse di quel malore in spiaggia. "La sera era ansiosa e provata – ha detto il padre riferendo di quando, rientrato dal lavoro, vide la figlia a casa –. Era stralunata". Passa ancora un giorno e la raggazzina si reca a un appuntamento che aveva con lo psicologo che, successivamente a quell’incontro, chiamò i genitori per parlare con loro. La minore aveva raccontato gli accadimenti di quel giorno al mare. Fu così che i familiari seppero i fatti finiti al centro del processo. Quando la ragazzina capì che i genitori sapevano si aprì anche in famiglia e raccontò la sua versione, immersa in un pianto a dirotto.

Fu in quel momento che nel padre – il primo a essere sentito ieri in aula – scattò "preoccupazione e rabbia per l’accaduto - ha detto –. Fino ad allora era sempre stata perfetta". I passi successivi sono scanditi negli atti dell’inchiesta: gli accertamenti medici in ospedale e la successiva querela che ha innescato l’iter che ha portato ad un processo chiamato a mettere sotto la lente le accuse ed a stabilirne l’eventuale sussistenza. Il padre della minore – i genitori sono parte civile, assistiti dall’avvocato Pucci – ha ricordato che in occasione di un evento a scuola la figlia "era spaventata, terrorizzata – ha riferito il padre –. Ci hanno chiamato, siamo accorsi e l’abbiamo vista che si nascondeva sostenendo che in quel posto c’era anche lui".

Carlo Baroni