
Firenze, 15 novembre 2023 – Sempre più con lo smartphone in mano, con tutti i rischi che ne conseguono.
In Toscana il 67,3% di bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni utilizza internet tutti i giorni, mentre si abbassa sempre di più l'età in cui si possiede o si utilizza uno smartphone. Non solo: il 13,2% degli adolescenti tra gli 11 e i 13 anni sono vittime di cyberbullismo. È quanto emerge dalla 14ma edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia «Tempi digitali» di Save the Children, diffuso in occasione della Giornata mondiale dell'Infanzia.
L'Atlante evidenzia che in Toscana le ragazze e i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che mostrano un uso problematico dei social media sono l'11,7% (la media nazionale è del 13,5%). Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l'età più critica è quella dei 13 anni.
Per quanto riguarda, invece, i videogiochi, in Toscana il 23,6% dei giovani di 11, 13 e 15 anni ne fa un uso problematico (poco sotto la media nazionale, 24%): qui sono però i ragazzi ad essere più esposti e l'età di maggiore esposizione, in questo caso, si abbassa a 11 anni.
I comportamenti a rischio di dipendenza tecnologica, da social media o da gioco online, sono correlati a un aumento dell'ansia sociale, della depressione e dell'impulsività, nonché a una peggiore qualità del sonno e a un rendimento scolastico scarso. Un uso intensivo di internet è associato anche a una maggior rischio di sovrappeso o obesità, a causa dell'inattività. Save the Children rileva che nonostante questo utilizzo diffuso, in Italia la quota di giovanissimi con scarse o nessuna competenza digitale è del 42% rispetto a una media europea del 31%. Il dato medio italiano nasconde ampi divari territoriali, con il nord e il centro più vicino ai valori medi europei (34% e 39%) e il sud che ha oltre la metà dei ragazzi con scarse o nessuna competenza (52%).
Eppure la legge prevede che un utente possa avere accesso ai social solo dopo aver compiuto 13 anni. Ma la realtà mostra una presenza massiccia di preadolescenti che hanno aperto un profilo indicando un’età maggiore o hanno usato quello di un adulto, spesso un genitore poco consapevole.
Ma non basta. Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) – di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 22,1% dei bambini di 2-5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, computer, tablet o smartphone), per la maggior parte per meno di un’ora al giorno. I livelli di esposizione crescono con l’aumentare dell’età: se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha un’esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Oltre un bambino su 6 tra undici e quindici mesi è esposto a schermi almeno un’ora al giorno, il 3% per tre ore e più al giorno. Tra i rischi dell’esposizione troppo precoce e prolungata, oltre al possibile impatto negativo sullo sviluppo cognitivo, linguistico e emotivo del bambino, nel lungo periodo c’è quello di favorire comportamenti sedentari e obesità infantile. Non solo degli schermi, c’è anche un alto utilizzo degli assistenti vocali: il 46% delle famiglie con almeno una figlia o un figlio entro gli 8 anni d’età è in possesso di un assistente vocale, tra questi 1 bambino su 3 interagisce con questi apparecchi in autonomia, nonostante non siano stati progettati per loro. Se da una parte questi strumenti possono migliorare le capacità comunicative dei bambini (per esempio per l’apprendimento di una lingua straniera o per altre applicazioni didattiche), dall’altra possono avere effetti dannosi sullo sviluppo cognitivo e sociale dei più piccoli, che rischiano di interagire con queste macchine come se si trattasse di esseri umani, attribuendo loro caratteristiche mentali e sociali che evidentemente non hanno.
Pratiche più o meno inconsapevoli, come quello dello sharenting (la condivisione da parte dei genitori di dati, foto e informazioni del proprio figlio attraverso app e social media), possono infine esporre i bambini a gravi rischi: dallo sfruttamento sessuale alla violazione della privacy e all’accesso illegale a dati potenzialmente sfruttabili in modo improprio da criminali informatici, per esempio per il furto dell’identità digitale.