25 Aprile, la storia della quercia che salvò un partigiano dai nazisti: “Vidi tutto, ora la proteggo io”

Lo straordinario racconto di Enrico Taggiasco, che allora aveva 9 anni e oggi 88, risale al 1945. "Nel tronco si nascose uno di quelli che difendevano il mio paese". E lui, agricoltore, la cura ancora

Enrico Taggiasco mostra la vecchia quercia sulla collina di Buonviaggio

Enrico Taggiasco mostra la vecchia quercia sulla collina di Buonviaggio

La Spezia, 24 aprile 2024 – Quella vecchia quercia da sughero da quattro secoli veglia sulla collina di Buonviaggio, frazione della Spezia con poco più di trecento abitanti. E grazie a Enrico Taggiasco continuerà a farlo. Qualche amputazione perché i maestosi rami non invadessero la strada non l’hanno privata della sua fierezza: con un’altezza di venti metri e un diametro di oltre due e mezzo è, per la sua specie, l’esemplare più grande della provincia. Ma a renderla speciale non sono le sue dimensioni, bensì la sua storia. Il suo tronco nascose un partigiano, contribuendo a salvare un intero paese.

Una scena che il piccolo Enrico, che all’epoca aveva nove anni, osservò con gli occhi sgranati e che è rimasta vividissima nella sua memoria. Quando qualche settimana fa ha visto le ruspe minacciare quell’albero che aveva giurato avrebbe sempre difeso si è mobilitato con energia straordinaria a dispetto dei suoi 88 anni, scrivendo ad Anas, sindaco e Regione. E alla fine ha ottenuto la grazia. Il cantiere che sta operando per la costruzione della Variante Aurelia devierà di qualche metro, e la quercia sarà salva.

Nell’aprile del 1945 i tedeschi, per rallentare l’arrivo degli americani, avevano minato tutta la strada del paese. Per loro la guerra ormai era persa, ma anche nella ritirata si cercava di ritardare una sconfitta che era ormai chiara sia alla truppa sia ai generali. "Con l’inizio della primavera si era percepita un’accelerazione della fine del conflitto. Anche noi eravamo arrivati allo stremo: morti, spaventi, feriti, la popolazione agognava la pace più ancora del pane che molto si faticava a mettere in tavola". Geht raus! Raus! I soldati della Wermacht intimano agli abitanti di abbandonare le case e il piccolo Enrico assieme alla mamma Amabile e al resto del paese si rintana nella galleria rifugio sulla collina poco distante. Lui, nonostante la paura, rimane ad occhieggiare sull’ingresso del tunnel per osservare cosa succede. "I tedeschi, con teutonica precisione, avevano piazzato cinque mine lungo tutto la strada che attraversava l’abitato". Durante le operazioni di posizionamento degli esplosivi la voce si era sparsa velocemente, arrivando alle formazioni partigiane. "Fanno saltare Buonviaggio!" Quando le squadre hitleriane fanno saltare il primo ordigno, dopo il tuono fragoroso dell’esplosione, si apre immediatamente una voragine. "Un buco enorme, di parecchi metri di profondità e diametro. Ci sarebbe potuta stare dentro una casa". Se i tedeschi fossero riusciti a dare l’innesco a tutte le mine Buonviaggio sarebbe rimasta completamente isolata per settimane. "Solamente per riempire quell’unico cratere ci abbiamo messo tantissimo. Non c’erano ruspe o macchinari, abbiamo fatto tutto a forza di braccia".

L’azione guastatrice è però fermata sul nascere. Due raffiche di mitra mandano in rotta il reparto. A sparare è Almo Oreste Pucci, classe 1927, scomparso da qualche anno. "Vidi i partigiani arrivare silenziosamente dall’alto. Uno di loro avanzò fin dietro la quercia. Si appoggiò al grande tronco, e prese minuziosamente la mira. Un paio di scariche furono sufficienti per far sì che gli altri si ritirassero". Indelebile nella memoria di Enrico l’arrivo delle forze alleate, solamente qualche giorno dopo. "Ricordo nitidamente la colonna di carri armati a stelle e strisce. Sul dosso di Buonviaggio c’era tutto il paese, per vedere quello che significava la fine della guerra e la liberazione. Fu anche la prima volta che vidi un nero. Sulla torretta di uno Sherman, si stagliava, gigantesco, un afroamericano dalla carnagione d’ebano su cui risaltavano i denti bianchissimi".

Questa mattina Enrico Taggiaschi, che nella vita ha poi fatto il professore e l’agricoltore, incontrerà 82 bambini dell’istituto scolastico spezzino San Domenico di Guzman. A loro parlerà dell’antica arte dell’apicoltura ma racconterà anche la storia della vecchia regina del bosco che nascose dietro al suo tronco il partigiano che fermò i tedeschi.