Parte il processo per l’omicidio Ciatti. Ma Bissoultanov non ci sarà: è all'estero

Oggi la corte d’assise di Roma celebra la prima udienza dopo un braccio di ferro internazionale con la Spagna. Manca l’imputato

Niccolò Ciatti, 22 anni, morì nell’agosto del 2017 in una discoteca in Spagna

Niccolò Ciatti, 22 anni, morì nell’agosto del 2017 in una discoteca in Spagna

Firenze, 24 gennaio 2022 -  Il pubblico ministero di Roma, Erminio Amelio, ha ascoltato decine di testimonianze ed acquisito tutti i video, girati quella notte del 12 agosto 2017 sulla pista della discoteca St Trop di Lloret de Mar. E ha suddiviso in due momenti, racchiusi nel medesimo capo d’imputazione, il pestaggio costato la vita al 22enne di Scandicci Niccolò Ciatti.

Stamani inizia il giudizio. La corte d’assise di Roma, che dopo un braccio di ferro internazionale si è assicurata il processo che inizialmente era stato avviato in Spagna, ha il potere di comminare l’ergastolo. Il delitto contestato è aggravato dall’aver agito "per futili motivi e con crudeltà". Nella ricostruzione dell’accusa, Bissoultanov avrebbe cagionato volontariamente la morte di Ciatti. Il calcio alla tempia, immortalato dai video dei presenti e delle telecamere del locale, è l’apice di un violento pestaggio che, secondo la ricostruzione frutto dell’inchiesta “italiana“ dei Ros, sarebbe partito per mano di Movsar Magomadov. Dopo le prime percosse di Magomadov, sarebbe subentrato Bissoultanov, lottatore di un’arte marziale chiamata Mma. Altri pugni hanno messo ko Niccolò, e una volta a terra, mentre si trovava "inerme e senza alcuna difesa", Bissoultanov ha sferrato il calcio alla tempia.

Una ricostruzione che nella sua drammaticità è apparsa limpida sin da subito. Ma purtroppo le indagini spagnole hanno sforato il termine dei quattro anni, entro il quale Bissoultanov ha potuto godere anche di una nuova libertà. La notte del 12 agosto 2017, Bissoultanov e Magomadov vennero intercettati dai mossos d’esquadra subito dopo il pestaggio avvenuto sulla pista della discoteca Sant Trop. Ma mentre Rassoul finì nel carcere di Figueres, l’altro venne subito liberato e rientrò a Strasburgo, in Francia assieme a un terzo ceceno che non è mai stato indagato per l’aggressione.

Lo scorso febbraio, l’inchiesta dei Ros aperta parallelamente a quella spagnola (come prevede il nostro ordinamento in caso di crimini violenti commessi in danno di italiani all’estero) era culminata in due ordinanze di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari di Roma. Ma in quel momento, Bissoultanov era detenuto, e la Francia, Paese in cui si trovava Magomadov quando è stato raggiunto dal provvedimento, non convalidò il suo arresto. Ma la situazione è cambiata lo scorso agosto: a Bissoultanov sono scaduti i termini di carcerazione preventiva ed è stato posto in semilibertà. Il giorno 3, mentre si trovava a Strasburgo su autorizzazione del giudice, ufficialmente per prendere dei documenti, ha lasciato la Francia e ha raggiunto la Germania.

La polizia di Kehl lo ha fermato e, vedendo il mandato d’arresto europeo spiccato dall’Italia che pendeva sulla sua testa, lo ha bloccato. I giudici tedeschi hanno poi deciso per l’estradizione. Bissoultanov è rimasto detenuto a Rebibbia per alcune settimane. Alla vigilia di Natale, l’istanza del suo avvocato Francesco Gianzi è stata recepita dal tribunale: un errore procedurale (aver chiesto la misura mentre si trovava sul territorio estero) inficia il suo arresto. E il ceceno viene liberato. Questione per la Cassazione. Intanto inizia il processo. Bissoultanov quasi certamente non ci sarà, la posizione di Magomadov è stata stralciata.