REDAZIONE CRONACA

Parità di genere: "Ancora troppi stereopiti"

L'ex dirigente della Banca d'Italia Anna Maria Tarantola incontra i soci del Rotary Club Firenze per sottolineare il valore aggiunto delle donne nell'economia e nella società

Anna Maria Tarantola

Firenze, marzo 2021- “Gli stereotipi escludono le donne e ne alimentano l'autoesclusione”. È un'analisi scientifica quella che, dati alla mano, Anna Maria Tarantola ha presentato nell'incontro telematico “Il valore aggiunto delle donne nell’economia e nella società”, promosso dal Rotary Club Firenze e dal suo presidente Paolo Blasi. Già dirigente della Banca d'Italia e presidente della Rai dal 2012 al 2015, la Dottoressa Tarantola ha dimostrato l'importanza di avere più leader donne per raggiungere uno sviluppo sostenibile nella società e nell'economia globale «Sul piano del lavoro è ancora diffusa l'opinione secondo cui le donne sono emotive, poco credibili, poco pronte ad assumere decisioni, prive di attitudine al comando, agli affari e alla tecnica, nonché poco propense alla competizione - sono le parole dell'ex dirigente della Banca d'Italia -. Si sente ancora troppo spesso affermare "Il mestiere di una donna è tra le mura domestiche” e persiste la difficoltà nell'accettare che una donna possa scegliere di valorizzare le proprie competenze fuori casa, con una giusta remunerazione capace di dalre indipendenza economica e la possibilità di contribuire al reddito familiare. Ecco, questi stereotipi e questa discriminazione costituiscono una barriera sottile ma forte per raggiungere l'equità reale, a prescindere dal genere».

Gli effetti negativi che la limitata presenza delle donne nelle posizioni apicali del mondo del lavoro determina sulla società e sull'economia è un tema che diventa ancor più scottante in epoca di pandemia, quando è stata messa bene in luce l'impellente necessità di avviare una rigenerazione dell'attuale modello di sviluppo verso un modello più equo, in cui le donne hanno dimostrato di possedere caratteristeche particolarmente idonee. «Molti studi -sottolinea la Dottoressa Tarantola- hanno mostrato che se la partecipazione femminile raggiungesse i livelli di quella maschile in ogni paese, ne conseguirebbe una notevole espansione del prodotto globale. Cito, per dirne alcuni, quelli condotti dall'Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale e dalla Banca d'Italia. Proprio quest'ultima ha evidenziato come, se si raggiungesse la parità, il Pil in Italia potrebbe aumentare del 7%, e secondo altri studi persino del 14%».

Secondo l'ex presidente Rai, investire sulle donne avrebbe anche un effetto positivo sulle nascite «Nei paesi con più alto tasso di occupazione femminile le donne fanno più figli, con un maggior investimento sul capitale umano e sociale. Si perseguono inoltre migliori politiche ed istituzioni più efficienti, perchè le donne si sono dimostrate buone amministratrici della cosa pubblica, particolarmente attente ai temi dell'ambiente, della salute e dell'infanzia; in India e in altri paesi in via di sviluppo, dove ci sono state donne capo Villaggio per due tornate elettorali, si sono osservati sensibili miglioramenti nell’amministrazione pubblica ed un importante “effetto modello”» Nel 1992, l’Agenda 21 della United Nation Conference on Environment and Development ha preso impegni per rafforzare la posizione delle donne nell’economia e nella società. Da allora sono passati 29 anni ma la situazione della parità di genere nel mondo del lavoro è ancora un obiettivo lontano da raggiungere. «Il tasso di occupazione femminile, secondo la rilevazione ISTAT al 25 novembre 2020, è inferiore al 50% rispetto a circa il 70 % di quello maschile, siamo dunque ancora molto lontani dall’obiettivo di Lisbona (60%). L’Italia -continua Tarantola-, secondo il Global Gap Report 2020, si colloca al 76° posto su 153 paesi, soprattutto per effetto della scarsa partecipazione delle donne alla vita economica. Lo stesso rapporto indica che per raggiungere la parità di genere nel mondo ci vorranno ancora 99 anni e mezzo. Una sovrarappresentazione delle donne si riscontra invece nelle posizioni lavorative meno remunerate e con minore contenuto professionale, e ciò pone le donne lavoratrici tra le fasce più colpite dalla pandemia, insieme ai giovani».

Ma quali possibilità concrete potrebbero essere applicate per agevolare la risoluzione del problema? «C’è ancora molto da fare per perseguire la piena valorizzazione dei talenti femminili -conclude Tarantola- considerato anche che il processo verso l’uguaglianza non può avvenire automaticamente con lo sviluppo economico, ma richiede piuttosto un lavoro e un impegno costante da parte delle istituzioni, delle imprese e della politica. Singole azioni rischiano di risultare scoordinate tra di loro, sarebbe dunque opportuno un unico e ben definito piano di azione a livello nazionale che veda coinvolti e collaborativi la politica, il Governo, le istituzioni ai vari livelli, le imprese, le famiglie, la scuola e i media. Attivare servizi efficienti, come ad esempio asili nido corsi di aggiornamento per lavvoratrici che rientrano dalla maternità, permetterebbe di comprendere che la maternità stessa non rappresenta un costo ma un investimento.

Non sto sostenendo che le donne siano migliori degli uomini - tiene a preciare la relatrice - ma che però rappresentano “la metà del mondo”, questo sì, con potenzialità enormi che vanno valorizzate perchè utili alla società. Oggi si presenta a noi una grande occasione, la Next Generation EU, che insieme alla transizione verde e digitale, tra gli obiettivi prevede “ l’attenuazione dell’impatto sociale ed economico della crisi, in particolare sulle donne.” I fondi ci sono, vanno impegnati entro il 2023 e spesi entro il 2026. E questa rappresenta davvero un’occasione che non possiamo perdere, per il bene di tutti».

«Un tema di grande attualità quello trattato dalla Dottoressa Tarantola - è il commento del presidente del Rotary Club Firenze Paolo Blasi -, attraverso un intervento capace di affrontare la questione della parità di genere da un punto di vista fenomenologico e scientifico. Come è emerso, la causa è di tipo culturale e si manifesta anche attraverso un atteggiamento recondito nella società che non può essere risolto senza affrontare il cambiamento del punto di vista culturale stesso. La parola chiave evidenziata dalla Dottoressa Tarantola è stata “condivisione”. Esiste infatti l'egenza di mettere d'accordo la crescita professionale delle donne con la possibilità di accudimento della propria famiglia. Per raggiungere una condizione paritaria, non si deve chiedere alla donna di diventare un uomo, rinunciando alle sue doti specifiche, così come non si deve chiedere a un uomo di rinunciare alle proprie. Ma le due realtà complementari devono condividere la vita professionale e familiare valorizzando casomai le due diversità e generando una vera uguaglianza di genere». Caterina Ceccuti