Muore dopo la cena al ristorante. «Stroncata dall’allergia alimentare»

Pisa, iniezioni di adrenalina inutili per una 24enne

Chiara Ribechini

Chiara Ribechini

Pontedera (Pisa), 17 luglio 2018 - L’allegria di una serata d’estate. Il profumo del bosco e delle ginestre. La notte che rende tutto più magico. All’improvviso la tragedia. La corsa verso l’ospedale, due iniezioni di adrenalina che non fanno effetto. Le ombre dei vigneti. Chiara sta sempre più male, la sua gola si gonfia e la soffoca. Chiara Ribechini avrebbe compiuto 24 anni il 29 luglio. Abitava nel Comune di Cascina, alle porte di Pisa. È morta verso le 23 di domenica sulla via di casa, lungo una strada di campagna.

Era stata col fidanzato e due amici in un agriturismo. Aveva mangiato vellutata di piselli in crosta di pane, bruschette e penne al ragù di cinghiale. Un menù ad hoc perché Chiara era allergica al latte e ai latticini, uova e polvere. Si fidava del ristorante, il personale la conosceva e sapeva della sua allergia. In borsa portava sempre il suo farmaco salvavita: una puntura già pronta di adrenalina. La ragazza ha iniziato ad avvertire i sintomi, forti, dello choc anafilattico mentre la comitiva stava rientrando. Subito un’iniezione, poi un’altra, mentre la macchina guidata dal fidanzato correva veloce verso l’ospedale. Poi la richiesta d’aiuto al 118. Ma all’arrivo dell’ambulanza e dell’automedica, per la giovane non c’era già più niente da fare. Sarà l’autopsia a far luce sul decesso.

I sospetti principali si concentrerebbero sulla bruschetta di pane che – secondo una prima ricostruzione – sarebbe stata prodotta fuori dall’azienda agricola che ospita il ristorante. Al gestore del locale e all’amministratrice dell’azienda agricola sono stati notificati la convalida del sequestro della cucina e l’avviso di conferimento dell’incarico per l’esame sul corpo.

Intanto un’intera comunità piange per quella ragazza «speciale», dalle abitudini «speciali». Insieme al cellulare, al rossetto e agli oggetti da giovane, infatti, nella sua borsetta quella «penna» di adrenalina non poteva mancare. Anzi, non doveva. Ovunque. Sempre e da sempre. Da quando cioè, appena bambina, i medici pronunciarono la loro sentenza: grave allergia a polvere, uova e latte. L’inizio del calvario con gli anni più belli trascorsi tra ospedali e cliniche per capire meglio i contorni di quella malattia destinata a segnare pesantemente la quotidianità della piccola. E allora, le trasferte al Gaslini di Genova già a pochi mesi dalla nascita, i controlli periodici a Pisa e a Trieste, ma anche i ricoveri d’urgenza per le crisi respiratorie.

È accaduto spesso quando Chiara frequentava asilo ed elementari, sebbene la famiglia, gli insegnanti e chiunque le fosse vicino facesse l’impossibile per proteggerla ed evitarle rischi inutili. Obiettivo non facile, che imponeva molti limiti a quella creatura così vogliosa di scoprire il mondo. Tante regole che spesso la facevano sentire «diversa» alle feste, ai compleanni o a scuola. Tanta sofferenza, poi la speranza che rinasce con le lezioni di equitazione, lo studio e un lavoro nel settore finanziario. Piccoli passi per costruire un’esistenza felice, da condividere col fidanzato. Tanti sogni. Ora spezzati. «Doveva stare attenta a tutto. Quando era bimba la madre non dimenticava mai di portare con sé il kit di primo soccorso. Chiara è cresciuta imparando a convivere con la sua allergia. Pare non sia bastato», raccontano i conoscenti che ieri hanno cercato di dare conforto ai genitori chiusi in casa nel dolore.

Elisa Capobianco-Gabriele Nuti