
La 'mano di Dio' su un paziente Covid
Firenze, 8 aprile 2021 - Cosa sappiamo fin qui della "Mano di Dio"? Una foto sui social è diventata virale in poco tempo. Ma al momento in Italia non sembrano esserci reparti che usano questo metodo che ha un doppio scopo, sia medico che di conforto per i ricoverati per covid.
Si tratterebbe di un modo nuovo, ingegnoso, che adopera materiale morbido e caldo, per simulare la mano di un familiare da stringere, da cui trarre forza. Ma anche per monitorare meglio la saturazione, il cui valore nei pazienti malati di coronavirus è fondamentale da monitorare.
Ribattezzata la ‘mano di Dio’, sta spopolando sui social e sta entrando nei reparti di terapia intensiva di alcuni ospedali per sostenere i pazienti Covid che, da soli in un letto di terapia intensiva, lottano tra la vita e la morte la dura battaglia contro il virus.
Tra i tanti sacrifici che ha richiesto il Covid-19, e tra le maggiori sofferenze di questo periodo segnato dall’emergenza della pandemia in atto, c’è infatti proprio la perdita del contatto fisico tra le persone. Prima che il Covid stravolgesse tutto, e negasse ai pazienti anche il calore di un contatto nelle ore, nei momenti e nei giorni più difficili della malattia, eravamo abituati alle visite dei parenti e alle loro cure, anche nelle corsie degli ospedali. Ma ora tutto questo è venuto meno. Ed è per questa ragione che, per ovviare per quanto possibile a questa mancanza, che in Toscana, come su tutto il territorio nazionale, ci si è ingegnati in vari modi.
Ne sono una concreta dimostrazione i molti tablet, messi a disposizione di vari ospedali del territorio in questi mesi. Donati in una lunga quanto preziosa catena di solidarietà, acquistati e regalati da privati, associazioni e varie realtà, per consentire a chi è costretto in un letto d’ospedale di vedere e riuscire a scambiare qualche parola con i propri cari, anche a distanza e solo virtualmente. È nata poi l’esperienza della ‘stanza degli abbracci’, adottata in molte case di risposo, e non solo.
E dalle immagini che provenivano dalle Rsa è subito apparso evidente l’apprezzamento, e l’emozione smisurata sul viso degli anziani, che per la loro sensibilità, hanno risentito maggiormente della lontananza forzata dai familiari. Ma pensando a chi è solo in terapia intensiva e vorrebbe una mano amica, da stringere, da accarezzare e da cui essere accarezzati, magari di un familiare, è nata ‘la mano di Dio’.
Dalla fantasia e dall’intraprendenza dell’infermiera brasiliana Lidiane Melo, proprio per ovviare alla sofferenza della lontananza e della nostalgia dei familiari, è nata quest’idea che di fatto simula quel contatto umano impossibile a causa dell’isolamento nelle strutture ospedaliere. Quella che è stata poi ribattezzata come ‘la mano di Dio’, è formata da due guanti monouso legati e pieni di acqua.
“Ho realizzato questo guanto riempiendolo con acqua calda - ha spiegato l’infermiera brasiliana Lidiane Melo - per migliorare la perfusione della mia paziente e vedere meglio la saturazione. Spero inoltre che il paziente abbia la sensazione che qualcuno gli stia tenendo la mano”.
Al momento non c'è notizia, tra le principali sigle di infermieri toscani, dell’uso di questo metodo nella nostra regione. Ma quest’iniziativa, dopo essere stata postata sui social, si è rapidamente diffusa ed è stata poi sposata da alcuni infermieri di vari ospedali, con lo stesso obiettivo di dare un conforto ai pazienti isolati in reparto a causa del Covid-19.
Maurizio Costanzo