Il lockdown e la riscoperta della noia tra gli adolescenti

I risultati di una ricerca svolta dall'Ateneo fiorentino. Solo nella tecnologia i ragazzi hanno trovato un valido alleato

Ragazza al computer (foto repertorio)

Ragazza al computer (foto repertorio)

Firenze, 26 maggio 2010 - La noia durante il lockdown è diventato uno degli stati emotivi più diffusi: così è stato per 3 ragazzi su 5. Lo si capisce dalle risposte date dai 5.308 giovani - di età compresa tra i 14 e i 20 anni, - che hanno partecipato durante il periodo di lockdown a una ricerca svolta da Università di Firenze insieme a Skuola.net per conto di Generazioni Connesse, sotto il coordinamento del ministero dell'Istruzione. Per il 33% di loro, infatti, ricreare una sorta di quotidianità durante la pandemia è stato un compito estremamente difficile.

Si aggiunge un 26% che ha fatto abbastanza fatica a riempire il tempo, per così dire, libero. Da qui questo senso di ‘vuoto'. Solo nella tecnologia i ragazzi hanno trovato un valido alleato, senza il quale sarebbe stato tutto ancora più duro. Insomma, la connessione Internet come strumento indispensabile per restare in contatto col mondo. Negli ultimi due mesi, pur partendo da basi già elevate, è letteralmente lievitato il numero di ore che i ragazzi hanno passato online: il 25% dice di essere stato sempre connesso (per capire meglio l'importanza del dato basti pensare che in una precedente rilevazione sul tema, datata gennaio 2020, gli «iperconnessi» erano appena il 7%). La fetta più consistente (54%), però, continua a essere quella che ha trascorso online tra le 5 e le 10 ore al giorno (anche qui l'aumento in poche settimane è stato notevole, più che raddoppiato: a gennaio erano il 23%). La maggior parte del tempo è stata, ovviamente, assorbita dalle attività di didattica a distanza: il 24% è rimasto connesso con la scuola in media 3 ore al giorno, il 26% si è assestato sulle 4 ore, il 20% sulle 5, il 18% è andato anche oltre. Il resto, come prevedibile, è stato in gran parte impiegato per cercare di mantenere vivi i legami lasciati, loro malgrado, fuori dalla porta di casa. Gli amici e i compagni di classe si sono piazzati nettamente al primo posto: il 65% afferma di essere rimasto in stretto contatto con loro (il 31% dichiara di averli sentiti spessissimo). Decisamente meno frequenti i contatti con i parenti che non abitano sotto lo stesso tetto: solo il 35% del campione ha avuto frequentazioni assidue anche con i familiari mentre la maggior parte si è limitato al minimo indispensabile. “Questi dati non devono sorprendere - osserva Irina Boscagli, psicologa e psicoterapeuta fiorentina, - soprattutto se si pensa che nella fascia d’età considerata i ragazzi contano molto su un sistema di comportamenti abitudinari anche a livello sociale e ricreativo”.

"Per gli adulti - prosegue la professionista, - il lockdown può aver contribuito alla riscoperta di tempi e spazi vitali spesso sacrificati dal vortice della normalità e per questo può essere stato anche un periodo di riscoperta interiore. Invece, per gli adolescenti la velocità richiesta dalla normalità corrispondeva all’assecondare una spinta naturale per la loro età. Quindi, essere stati costretti a fermarsi è stato un po’ come aver frenato un motore in corsa, considerando la quantità di energie psicofisiche generalmente dedicate alla scoperta del mondo e della vita in quella fascia d’età”. Per quanto riguarda la noia, prosegue Boscagli, “sotto di essa si nasconde perlopiù l’emozione tristezza, e a questo proposito i ragazzi hanno sperimentato probabilmente l’incapacità di contattare il loro mondo interiore, come è normale che sia, perché posseggono strumenti di gestione delle emozioni più rudimentali rispetto agli adulti, e quindi sono stati più in difficoltà nel fronteggiare la tristezza generata dalla mancanza di contatto con le persone a cui sono affettivamente legati”.