BARBARA BERTI
Cronaca

Ex Gkn, gli scenari possibili. Il salvataggio si complica senza i nuovi investitori

Messa in liquidazione o amministrazione controllata , quali possibili le conseguenze Il parere di Stanghellini. Il 24 febbraio tavolo al ministero: scatta la cassa integrazione

Una protesta degli operai ex Gkn

Firenze, 17 febbraio 2023 – Cosa succede se la ex Gkn di Campi Bisenzio, viene messa in liquidazione dai soci? E cosa succede se viene messa in amministrazione straordinaria dal tribunale? Con una vertenza sempre in alto mare dove al momento non ci sono ammortizzatori sociali (ma che potrebbero arrivare già con il tavolo ministeriale del 24 febbraio) e la fabbrica improduttiva, gli ultimi accesi scontri tra proprietà e lavoratori a suon di accuse reciproche, hanno fatto precipitare la situazione e la riconversione industriale oggi pare un miraggio.

Da un lato, infatti, la proprietà sembra intenzionata a gettare la spugna, dall’altro la Regione – che sta continuando senza sosta lo scouting pubblico per trovare altri investitori rispetto all’attuale proprietà – prova a fare un (ultimo) tentativo di soluzione industriale proponendo al governo di valutare se ci sono le condizioni per l’amministrazione straordinaria.

Due scenari completamente diversi che portano a conseguenze diverse per l’azienda di Campi "Fiducia nel futuro della fabbrica di Firenze spa", il cui legale rappresentante è Francesco Borgomeo, come spiega Lorenzo Stanghellini, avvocato e professore ordinario di diritto commerciale all’Università di Firenze.

Dalle ultime dichiarazioni a mezzo stampa, la proprietà pare pensare alla liquidazione volontaria della società. "E’ una scelta della società e dei suoi soci quando ritengono che non ci siano più le condizioni per andare avanti con l’attività", spiega Stanghellini ricordando che sono molteplici le cause che possono portare alla liquidazione volontaria (non per forza legate a una situazione di crisi) il cui avvio richiede tempi relativamente brevi.

“I soci si riuniscono e una volta decisa questa strada nominano un liquidatore che inizia a liquidare i beni", spiega ancora l’avvocato. Con i soldi della liquidazione dei beni si dovranno pagare i creditori, dipendenti inclusi per intero, senza l’aiuto di alcun fondo di garanzia per le retribuzioni non pagate che interviene solo in caso di insolvenza accertata dal tribunale. Se, invece, la società fosse insolvente, cioè non riuscisse più a pagare i creditori (in primis i lavoratori), si aprirebbe la strada del tribunale che mette la proprietà fuori gioco. Trattandosi di impresa con oltre 200 dipendenti (300 di cui 43 in aspettativa, ndr), non si aprirebbe subito la liquidazione giudiziale (l’ex proceduta di fallimento) ma l’amministrazione straordinaria che mira a salvare la continuità aziendale. "Se per le dimensioni dell’impresa, il dissesto è considerato di rilevanza pubblica, si cerca per quanto possibile di far proseguire l’impresa", dice Stanghellini.

In questo caso, accertato lo stato di insolvenza dal tribunale, il governo nomina un commissario straordinario che ha il compito di cedere l’attività a nuovi imprenditori, come è accaduto per esempio per Alitalia.

“Se tuttavia il commissario, nel giro di qualche settimana, constata che ciò è impossibile, allora procederà alla chiusura e si aprirà la liquidazione giudiziale" precisa l’avvocato. In tutti i casi, per le retribuzioni non pagate scatta il fondo di garanzia. Nel mezzo alle due ipotesi, ci sono altre soluzioni che non possono essere escluse, come il concordato preventivo, strumento che consente all’imprenditore che si trova in stato di crisi o di insolvenza di trovare un accordo con la maggioranza dei creditori attraverso la continuità aziendale ovvero la liquidazione del patrimonio.