
Il Giro-E segue le tappe del Giro, ma con la bici elettrica
Firenze, 26 maggio 2021 - Oddio, sono al Giro. A sessantasei anni. Il sogno di bambino, di quando Felice Gimondi per primo, e via via poi tanti altri però mai nessuno come lui, mi fece appassionare a questo sport, il più bello del mondo. Sono al Giro, anzi a correre il Giro. Sì, vabbè: è il Giro-E, questo formula speciale che hanno inventato da qualche anno per promuovere l'uso di mezzi alternativi ai motori a benzina, unire il turismo allo sport, o comunque a una sana attività fisica.

Perfino atletica, direi: con la mia e-bike, anche se tanti amici “puristi” storcono il naso, mi prendono per i fondelli, giurano e spergiurano che mai e poi mai, in poco meno di un anno e mezzo mi sono fatto più di 12mila chilometri, mi sono batto dei bei giri, mi sono tolto qualche bella soddisfazione sulle montagne più leggendarie, due volte il Giau, per dire, e tutti i passi dell'Appennino, tenendo il passo di gente più giovane.
Dice: facile, eh... E certo, come no. Ma vai a spiegarglielo che la bici a pedalata assistita non è un motorino e da sola non si muove, appena smetti di pedalare si ferma, appena arrivi ai 25 all'ora – capita spesso, in piana nelle uscite di gruppo... - il motore stacca e se quelli davanti vanno ai 40 ci devi dare dentro tutto di gambe, oltretutto con un mezzo che quando va bene pesa 13 chili.
Vai a farglielo capire che la batteria va gestita e l'autonomia se le chiedi troppo per alleggerirti la fatica si esaurisce presto e poi ti ritrovi a portar su per i tornanti all'8-10 per cento quello che all'improvviso è diventato un cancellone insopportabile, e comunque fagli capire che in ogni caso il computer ti dice che anche con l'assistenza in salita spingi comodi a 250-300 watt...
Faccio parte di una bella squadra, il team Enit: mi fa molto piacere, credo moltissimo nella promozione del turismo in Italia, e se posso do volentieri una mano a far sapere a tutti – italiani compresi, anche per primi – quant'è bello il nostro paese. Quanti angoli più o meno conosciuti, famosi, celebrati ci sono sparsi un po' dovunque: è questo se volete, oltre all'aspetto agonistico e sportivo – e speriamo che mi porti bene al Fantacycling! - il bello del Giro d'Italia, incontrare e far conoscere.
Enit tra l'altro ci mette del suo anche con la radio, si chiama Visit Italy Web Radio e va ovviamente in Rete, perché è lì che soprattutto i più giovani, ma non solo, pescano di più. Abbiamo una bella divisa, il bianco e il blu sono colori che mi piacciono, abbiamo – come ognuna delle altre otto squadre in gara, perché alla fine la “gara” c'è davvero – il nostro bravo capitano. Che è fantastico, che ammiro moltissimo: perché è stato un grande campione, perché è toscano. Massimiliano Lelli, detto Max, dall'Argentario.
Affrontiamo subito una salitaccia, il Passo delle Fittanze conosciuto – poco, a dire il vero – anche come Sega di Ala, al termine di 57 km con partenza da Trento, sì, le nostre tappe sono più brevi di quelle di Bernal & C., ma d'altra parte noi non siamo professionisti, e comunque il nostro bravo dislivello quotidiano ce lo facciamo, domani 1200 metri, ce ne sarà una da 700 (ma al termine di 87 km) e anche una da 1900, dopo 73 km di pedalate. Fate voi, speriamo che la batteria duri...
In squadra con me ci sono anche Giorgio Mastrota e la figlia Natalia, Fédéric Millet che è un simpatico giornalista francesec specializzato proprio nel ciclismo, e poi Fabrizio Macchi, cinquantenne paralimpico bronzo ad Atene 2004. Le sensazioni sono buone. Tampone negativo all'ingresso nella “bolla”, facce simpatiche e distese, macchine che sanno di gara vera, orizzonte sereno. Ci divertiremo, lo sento. E ve lo racconterò volentieri, questo Giro d'Italia da penna anzianotta.