
Elvis Presley (foto Ansa)
Firenze, 20 dicembre 2022 - Può un Re essere arruolato come soldato semplice? Se il sovrano in questione è il Re del rock 'n' roll, allora sì, anche se si chiama Elvis Presley e a quel tempo si trovava proprio all’apice del successo. Era il 20 dicembre del 1958 quando gli arrivò la cartolina che lo richiamava ai doveri di leva, che per ben due anni, fino al 1960, lo tennero lontano dalle scene. Ovviamente, tutti lo volevano. Cosa fece Elvis? Su consiglio del suo manager si arruolò nell’esercito come soldato semplice. Ovviamente, come tutti, dovette andare dal barbiere, ma anche in questo caso ha potuto godere di un trattamento molto particolare, e così non gli sono stati tagliati i capelli a zero, ma solo le basette e sfoltito un po' il suo ciuffo distintivo. In che mansione prestò servizio? All’inizio gli venne assegnato il ruolo di autista del mezzo del suo capitano, ma ben presto si optò per qualcosa di diverso e lo trasferirono, dal momento che le ragazze non solo lo seguivano ovunque, ma avevano anche più volte cercato di scavalcare il filo spinato e le recinzioni della caserma per andare da lui. A gennaio del 1960 venne promosso sergente, ma quei due anni di leva finirono per segnarlo per sempre: poco dopo essere partito militare, nell’estate del 1958 sua madre, a cui era legatissimo, morì.
Ma incontrò anche l’amore, conobbe infatti la figlia di un ufficiale dell’esercito, Priscilla Beaulieu, che all’epoca aveva 14 anni e che poi nel 1967 portò all’altare. Sotto le armi si fece degli amici, tanto che fece reclutare alcuni soldati del suo plotone come comparse del film ‘Cafè Europa (G.I. Blues)’. Dagli esordi nel gospel e nel country, alla sua rivoluzione rock and roll, passando per il cinema: Elvis fu per un periodo molto più celebre come attore che come cantante. In ventiquattro anni di carriera il Re del rock pubblicò 61 album, vendendo oltre un miliardo di dischi in tutto il mondo. Nasce oggi Fulvio Abbate nato il 20 dicembre 1956 a Palermo. Scrittore, critico d'arte e giornalista. Ha scritto: “Diceva qualcuno che in Italia non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti: ma a Roma ancora di più". Maurizio Costanzo