LISA CIARDI
Cronaca

Donne e lavoro, la strada è in salita. Le discriminazioni dure a morire

La consigliera di parità della Regione Toscana, Maria Grazia Maestrelli, racconta le difficoltà. Società assicurativa condannata per per aver negato a tre giovani madri di ridurre la paura pranzo.

La consigliera di parità della Regione Toscana Maria Grazia Maestrelli

La consigliera di parità della Regione Toscana Maria Grazia Maestrelli

Progressioni di carriera impedite, molestie, richieste di smartworking non accettate, domande per una migliore conciliazione fra vita e lavoro respinte. Sono le motivazioni che hanno spinto decine di donne, nel corso del 2024, a rivolgersi alla Consigliera di parità della Regione Toscana. Una figura con l’obiettivo di promuovere e controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza, pari opportunità e non discriminazione fra donne e uomini nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione, nella progressione professionale e di carriera, nelle condizioni occupazionali e nella retribuzione.

Qual è il bilancio dello scorso anno?

"Nel 2024 abbiamo seguito una quarantina di casi, gestendo inoltre un centinaio di telefonate su situazioni di difficoltà. Si tratta in gran parte di donne, ma non esclusivamente. Il compito della consigliera di parità è intervenire quando si crea una situazione di disparità e ingiustizia a danno di una minoranza in un contesto lavorativo o formativo".

Faccia esempi di casi risolti.

"Una dipendente Asl che aveva chiesto un avvicinamento a casa, avendo un bimbo di sei mesi e risiedendo, insieme al marito, in una provincia toscana diversa rispetto a quella in cui lavorava. Dopo l’intervento dei nostri uffici con la dirigenza, la situazione si è sbloccata ed è stata risolta senza bisogno di formalizzare richieste né tantomeno di rivolgersi a un giudice. Ovviamente esistono anche casi più complessi che finiscono in tribunale. E situazioni in cui i lavoratori scelgono strade diverse". Capita spesso?

"Abbiamo avuto il caso di una lavoratrice che, dopo la maternità, era stata convinta a dimettersi volontariamente, ma si era rivolta a noi per un consulto. L’abbiamo sconsigliata dal seguire quella strada, ma lei ha ritenuto che fosse più utile dare le dimissioni e prendere la cassa integrazione per due anni. Come consigliera, ho parlato con l’azienda e ottenuto la promessa di una successiva riassunzione da parte del datore di lavoro. In molti altri casi simili, al contrario, le lavoratrici ci hanno ascoltato e siamo riusciti a concordare con l’azienda percorsi diversi, che non portassero all’uscita delle giovani mamme dal mondo del lavoro".

Le casistiche più frequenti?

"Nel 2024 abbiamo avuto 8 persone che si sono rivolte a noi per problemi connessi alla maternità, 5 per molestie, 2 per molestie sessuali, 2 per mancate progressioni di carriera. Poi abbiamo un lungo elenco di situazioni specifiche legate a disagi nell’ambiente di lavoro, mobbing, trasferimenti, demansionamenti e molto altro".

Le molestie sono in aumento o in calo?

"Le denunce sono in aumento, anche perché è molto aumentata la sensibilità generale. Oggi le donne denunciano sia le molestie in generale che le molestie sessuali nello specifico e ottengono risarcimenti importanti. Ho seguito due casi che si sono conclusi con risarcimenti di 200mila e 380mila euro".

Cosa consiglia a chi teme di essere vittima di un’ingiustizia?

"Di rivolgersi ai nostri uffici per un parere. Il servizio è gratuito".