Il Covid? È stato dimenticato. La sanità pubblica perde pezzi in attesa del cambiamento

L’epidemia aveva mostrato i limiti del sistema e suggerito le strategie per cambiare. Ma mancano le risorse. Dalla salute mentale agli anziani: tutte le solitudini dei cittadini

Firenze, 19 marzo 2024 – Lo dovevamo principalmente a loro, alle vittime del Covid, che nel mondo sono state quasi sette milioni, in Toscana 12.498. Lo dovevamo a quei nonni, le nostre radici sradicate anzitempo, senza un conforto né una carezza. Lo dovevamo a tutti noi che, sulla pelle, abbiamo sperimentato gli effetti della pandemia, a breve e a lungo temine. Dovevamo, anzi, avremmo dovuto imparare da quella terribile esperienza, cominciando a cambiare ciò che nella sanità si è visto che non poteva più funzionare. Invece non abbiamo imparato. E cerchiamo – sbagliando – di dimenticare quel trauma che, senza elaborarlo, si ripresenterà con il conto. Continuando a rimandare quella promessa centralità del sistema salute bisognoso di maggiori risorse.

Eravamo tutti a dire della necessità di investire in prevenzione: dopo la fase iniziale, il personale si sta progressivamente estinguendo. E’ meglio non pensare a cosa potrebbe succedere se arrivasse una nuova pandemia?

A quattro anni dal lockdown, nella giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, sarebbe necessario fermarsi a pensare. All’inutilità di avere appeso le medaglie al petto dei sanitari chiamati eroi e subito dopo presi a botte e a insulti, tanto da far diventare la violenza una prassi da imbarbarimento della civiltà.

Bisognerebbe intervenire al più presto sull’esplosione dei problemi di salute mentale, smettendo di nasconderli, di considerarli accessori e secondari, visto che progressivamente si stanno smantellando i servizi pubblici ormai quasi privi di psicologi, psicoterapeuti, psichiatri: chi ha bisogno di curarsi deve farlo privatamente. L’istituzione dello psicologo di base è una buona pratica, ma senza fondi sarà impossibile da attuare; così come è per pochi il contributo per la psicoterapia.

Abbiamo assistito alla fuga dei medici dagli ospedali, dando i numeri del fenomeno, senza interrogarsi perché se ne vadano: non si tratta di sfaticati che preferiscono guadagni facili, ma di professionisti che non ce la fanno più e cercano un modo per vivere.

A quattro anni dalla pandemia cancellata la felice intuizione che curare a domicilio, soprattutto gli anziani, i fragili, i cronici è meglio, e meno dispendioso per il sistema. Sono state abolite – per mancanza di personale e di risorse – anche le Usca (le unità con medico e infermiere) poi trasformate in Uca e poi addio. Sono sopravvissuti i Girot, geriatri e internisti che vanno a casa per evitare l’ospedalizzazione di anziani con patologie acute, ma sono pochi, sempre meno, sempre più oberati di lavoro. Le famiglie che decidono di tenere a casa anziani non autosufficienti sono abbandonate, l’assistenza sociosanitaria latitante, scarsa quando non inesistente.

Rilevato il fallimento del sistema ospedalocentrico era stato detto di reinvestire nella sanità territoriale che in pandemia si era rivelata salvifica. E siamo ancora a cercare medici di famiglia che, assediati da un numero sempre maggiore di assistiti, finiscono per esserci per tutti e per nessuno: servono le app per prendere un appuntamento, gli ambulatori si allontanano, le visite a casa sono un ricordo di un tempo che fu.

La gente continua a buttarsi nei pronto soccorso, perché non trova risposte altrove, a partire dalle lunghe liste d’attesa per esami e visite.

Ancora aspettiamo il cambiamento promesso, ora spostato in avanti al momento in cui il Pnrr consentirà di avere nuove case della salute, che in ogni caso dovranno essere riempite di personale, altrimenti serviranno a poco.

In questo stato di assoluta precarietà la Regione cerca di riorganizzare i servizi anche sfruttando la forza delle sinergie tra Asl e aziende ospedaliero universitarie, ma sorprende scoprire che molti progetti si fermano per guerre di potere intestine. Qualcosa di incomprensibile e inaccettabile.

In questo panorama la gente è sempre più sola, malata, senza soldi. Anche la Regione deve fare i conti con le risorse, il Covid dal 2020 al 2022 è stato oltre un miliardo e 200milioni di euro, lo Stato ha rimborsato spese per il 55%.

La sanità pubblica è un bene prezioso da difendere con le unghie e con i denti, ma senza perderla per strada a pezzetti. Purtroppo è quello che sta succedendo.