Trippa con la soia e pollo al wasabi. Nasce il ‘Cibleo’, fusion al contrario

Un ristorante tosco-orientale, l’intuizione dello chef Fabio Picchi

Fabio Picchi fra i tavoli del «Cibleo»

Fabio Picchi fra i tavoli del «Cibleo»

Firenze, 22 gennaio 2017 - Piazza Picchi con gli occhi a mandorla. Ovvero, l’etnico che per una volta non invade ma anzi “e-vade”. Nel senso che fa fusion al contrario, e va a dare un tocco di Toscana a piatti decisamente orientali, ma anche accetta una nota di ultraesotico su ricette nate e cresciute all’ombra della Cupola, o poco oltre.

In attesa di completare la scacchiera di Piazza Picchi con le ultime due creature – il C.Bìo, supermercato delle piccole fattorie, del centimetro zero e degli artigiani del gusto nei locali dell’ex Cooperativa di Legnaia, entro marzo, e il suo innovativo “front stage” nella rinnovata macelleria all’interno del mercato di Sant’Ambrogio – “mister CibreoFabio Picchi ha coronato un suo sogno. Che dura da 38 anni, e sta racchiuso in due piatti appesi alle pareti dell’ultima creatura appena aperta: Ciblèo, ovvero “Tortelli e ravioli”, ma per essere ancora più precisi, secondo sottotitolo “Cucina tosco-orientale”.

Appunto, l’etnico a due vie, andata e ritorno: dove trovi trippa alla fiorentina con soia del Monte Fuji (“ce la fa una signora di ottantacinque anni...”, sorridono gli occhi azzurrissimi nella cornice bianchissima di barba baffi e capelli) oppure collo di pollo ripieno – un must del Cibreo – al wasabi, o ancora ravioli giapponesi con polli del Mugello, allevati senza antibiotici; e ancora brodi katsuobushi con le migliori qualità di soba ma anche per un gustoso gurguglione, la classica zuppa di verdure all’elbana.

Una ventina di piatti e tante sorprese, non ultime le farine di grano Verna coltivato nel Mugello, e tra poco arriveranno anche quelle dell’antico grano Sieve, ritrovato grazie a una ricerca con l’università di Pisa. “Cucina delle donne e delle mamme”, dice Picchi, convinto che nelle pentole e nei piatti “Firenze da sempre guarda al mondo”. E così si è messo accanto ai fornelli due ragazzi orientali, Minjoo che è figlia di ristoratori coreani e il giovane giapponese Ryo, ha affidato la sala alle mani e agli occhi esperti di Karyko pronta sempre a spiegarti anche l’uso del saké, e ha messo in piedi questo nuovo sogno.

Partito appunto da quei due piatti che gli regalarono quasi quarant’anni fa due amici di Kyoto, e diventato questo grazioso, piccolo locale – 20 posti tra il bancone e tre tavolini – arredato in legno giapponese e bambù (ma le sedie sono dell’Agresti di San Frediano, che quando il Picchi gli chiese di rifargli delle sedie fotografate a New York rispose “anche meglio!”), con il gatto in ceramica che guarda verso Oriente.

Significato: felicità. Per pochi, chi trova posto la sera dal martedì al sabato (si deve telefonare allo 055 2477881) e ha voglia di farsi questi venti assaggi tosco-orientali. A 40 o 50 euro, dipende da quanto sei disponibile a esplorare. Con le mani, il naso, gli occhi, le papille.