Tredici equipaggi, duemila metri da solcare tutti d’un fiato, sospinti, a pelo d’acqua, dal rumoroso incoraggiamento di trentamila persone. È il Palio del Golfo, la competizione remiera più longeva del Mediterraneo che ogni anno, la prima domenica di agosto, catalizza l’interesse di tutto lo Spezzino e non solo. Un evento di popolo, arrivato all’edizione numero novantotto e che ogni anno vede le tredici borgate marinare protagoniste di una sfida che non si consuma soltanto nelle acque della Passeggiata Morin, ma anche per strada. E’ nelle vie del centro storico che le anime costiere del Golfo competono infatti a colpi di creatività e folklore nella sfilata del venerdì sera, evento che tradizionalmente apre la tre giorni marinara e che più di altri incarna la visione popolare e sociale della kermesse. Oggi pomeriggio saranno le donne, alle 17, ad aprire il programma delle gare, seguite a ruota dai giovani. Alle 19.30 la competizione regina: tre giri di boa su un campo di regata lungo cinquecento metri per decretare l’equipaggio più forte, in quella porzione di waterfront cittadino che si trasforma, per poco più di undici minuti, in una torcida di colori e tifo che nulla ha da invidiare agli altri sport.
La Spezia, 6 agosto 2023 – Gli equipaggi sono alle sagole. Il giudice guarda l’orologio per l’ennesima volta. È il momento! Strattona con una mano una cordicella che scende dalla sua postazione per arrivare alla caviglia dello starter. E lui, all’istante, esplode con la pistola il colpo del via. Il boato che echeggia nel silenzio assoluto della folla fa impennare le tredici barche sotto la spinta possente della prima vogata. È il Palio del Golfo. Così sarà oggi, prima domenica d’agosto. Così è stato per 98 anni e più a lungo ancora, se consideriamo le origini non codificate della gara remiera. Ma quella del Palio non è l’unica sfida che si gioca sulla sottile linea azzurra che separa la terra dall’acqua. Sottile e mutevole, oggetto di reiterati interventi che ne hanno modificato la forma e con essa la storia e l’identità della città che vi si affaccia.
Spezia (senza l’articolo) venne scelta da Cavour per farci il più grande arsenale d’Europa. Così fu che in una decina d’anni dove c’era l’acqua fu portata la terra e dove c’era terra arrivò l’acqua, in una delle più grandi dimostrazioni di potenza del nuovo Stato unitario. Anche la banchina, quella da dove ora partono le barche del Palio, fino allora non era che una disadorna spiaggia frequentata dalla famiglia reale in cerca di privacy e salubrità. Proprio queste comparsate dei sabaudi vengono spesso rievocate da coloro che vogliono rimarcare la vocazione turistica di un territorio poi travolto dalle scelte militari e industriali a cui fu destinato. Ma oggi il turismo è tornato, eccome. Fino a diventare una colonna dell’economia locale, colonna sulla quale contano per campare moltitudini di operatori e affittacamere. Certo, il motore principale è acceso, ogni giorno, da quella sorta di ’multinazionale del desiderio’ che si chiama Cinque Terre. Ma è altrettanto vero che la città sì è trovata preparata ed attrezzata per affrontare al meglio questa ondata, attrezzata e capace di giocare anche una parte propria, da protagonista, in questo nuovo scenario economico. Con le crociere, con le piazze riqualificate, con un centro pedonale molto ampio e conquistato con caparbietà anche contro molti di coloro che oggi ne usufruiscono per ospitare tavolate di vacanzieri, per vendere e fare affari.
In realtà, nulla è successo per miracolo, ma forse solo grazie all’etimologia di una parola che fa giustamente tanta paura: crisi. Cinque lettere che nel loro significato originario indicano scelta e cambiamento. E la crisi, a Spezia, fu tale da stordire. Correvano gli anni Ottanta e Novanta quando Roma si ritirò da una città che viveva solo di Stato e parastato. Fu allora che la svolta ebbe inizio, con un sindaco che faceva il medico e che trovò una cura, anche per la moribonda Spezia, nella cultura, nei musei, nell’avvio della riqualificazione del centro storico. La crisi mise una classe dirigente, fin troppo abituata a farsi imporre ogni cosa dallo Stato centrale (industria pesante, centrale termoelettrica, il primo e unico rigassificatore a terra) nelle condizioni obbligate di progettare il futuro e di ripensare il presente. Certo non sono più i tempi di Cavour, quando in pochi anni si facevano città intere e arsenali giganteschi. Oggi siamo nell’Italia dei cantieri infiniti. Ciononostante, le cose si muovono. La riqualificazione della cinta muraria, una piccola porzione di nuovo waterfront, un cantiere pronto a partire per il nuovo hub ferroviario di Migliarina sono tra i segni più evidenti di un percorso che dovrebbe portare la città a completare la propria mutazione senza con questo rinunciare alla presenza dell’industria, della cantieristica e della nautica.
Così, mentre i trolley rumoreggiano per le vie del centro, mentre spuntano ovunque gli ombrellini dei capi gruppo-vacanze, la città non solo si rinnova e si ammoderna, ma può offrirsi sul mercato turistico con i propri gioielli antichi che si sono conservati e che ora possono ambire più che mai a “farsi un nome” e uscire dai confini angusti nei quali per molto tempo sono stati costretti a rimanere. Quali gioielli? Ad esempio, un Museo Navale tra più interessanti d’Europa. E poi? Poi, anche un Palio. Il più bello tra i palii marinari: curato, tramandato, fatto crescere dalle genti del Golfo, per donarlo alla città nuova del nuovo secolo. Che meraviglia...