MARCO
Cosa Fare

Scese nel magazzino per i pelati. E nella dispensa trovò una bambina

"Chi diavolo sei?", poi iniziarono a parlare sottovoce. La piccola aveva fame e veniva da lontano

Vichi

Poco dopo le dieci il cuoco entrò come al solito dalla porta del retro del ristorante, che a quell’ora era già aperta. La signora delle pulizie arrivava verso le otto, e il cuoco alzò una mano per salutarla.

“Buongiorno, Giovanna” disse. La signora ricambiò con un sorriso, e il cuoco s’infilò in cucina. Doveva preparare salse e condimenti vari per la giornata. Lo faceva sempre, ma ogni volta era un’avventura nuova. Sognava di fare il cuoco da quando era bambino, e adesso lavorava in un bel ristorante sulle colline del Chianti in mezzo al verde, il Battibecco. Aveva una moglie dolce e carina e due bimbe meravigliose, sette e nove anni. Cucinava pensando alla sua famiglia, e nonostante fosse un lavoro piuttosto faticoso si divertiva, anche nei giorni in cui il ristorante straboccava di gente.

Cominciò tritando una buona quantità di cipolle, con gli occhi lacrimanti, versò la preziosa poltiglia in una padella velata di olio di oliva, e dopo aver acceso la fiamma al minimo scese nel piano interrato dove c’era il magazzino. Si ricordò che la lampadina si era bruciata la sera prima, e dovette aiutarsi con la luce del cellulare. Aprì il grande sportello della dispensa dei barattoli, tirò fuori qualche barattolo di pelati, e quando stava per richiudere lo sportello intravide in basso due scarpe che non conosceva. Le illuminò, e vide che… sopra le scarpe sembrava che cominciassero due gambe. Si abbassò per guardare meglio, e fece un salto all’indietro: si era trovato davanti due occhi grandi che spiccavano su un viso spaventato.

“Chi diavolo sei?”

“Io no fare male, io buona.”

“Va bene, ma chi diavolo sei?” Sembrava una ragazzina.

“Io fame, tanta fame.”

“Esci da lì… Quanti anni hai?”

“Tredici…” disse la ragazzina, scivolando fuori dalla dispensa. Era più alta di quello che il cuoco immaginava, magra come uno stecco.

“Come hai fatto a entrare?”

“Porta aperta… J’ai faim … tanta fame…”

“Adiamo di sopra, ma non fare rumore.”

“Io zitta zitta…”

“Vieni.” Salirono insieme le scale e sgattaiolarono in cucina. Il cuoco spense la padella con il soffritto di cipolla.

“Aspettami qui, non ti muovere” disse a voce bassa. Andò a vedere a che punto era la signora Giovanna, e la trovò sulla porta che se ne stava andando.

“Ci penso io a chiudere” disse.

“Ciao bello, ci vediamo domani.”

“Buona giornata.” Il cuoco chiuse la porta a chiave e tornò in cucina. La ragazzina annusava l’aria, e nel suo sguardo si poteva leggere la fame. Il cuoco annuì, e senza dire più nulla mise una pentola sul fuoco per preparare un piatto di pasta al pomodoro… meglio gli spaghettini, cuocevano più in fretta. Pochi minuti di silenzio, di occhiate curiose, et pasta facta est. La ragazzina si buttò sugli spaghetti, affrontando con coraggio la difficoltà della forchetta e riempiendosi la bocca. Il cuoco la guardava e sorrideva.

“Fai piano, ti vanno di traverso.”

“Mmmm…” La ragazzina continuava a mangiare di gusto, vuotò la scodella in poco tempo, poi bevve un grande bicchiere d’acqua.

“Uuhh, adesso meglio” sospirò.

“Ci credo… Adesso puoi dirmi chi sei e da dove vieni?”

“Mio nome Fatima.” Sorrise, e fu come vedere accendere una luce.

“Io Claudio.”

“Algeria.”

“Impruneta” disse il cuoco.

“Arrivata con barca a Lampedusa molti mesi dietro.”

“Io sono nato qua.”

“Cosa è il nome di ristò… Battibecco? Che vuole dire?”

“Hai presente marito e moglie che litigano per qualcosa di stupido, come le galline? Ciccicciciccì…” disse il cuoco, mimando un battibecco con la punta delle dita di tutte e due le mani.

“Ah sì, capito… buffo…” Fatima sembrava di buon umore, e vederla ridere era un regalo per gli occhi.

“Adesso cosa farai? Dove sono i tuoi genitori?”

“Loro rimasti Algeria, io qua sola… clandestin…”

“Dio mio, e come fai?”

“Non so… Dio mi aiuterà…”

“Hai ancora fame?” chiese Claudio. Lei annuì.

1-continua