EMANUELA ROSI
Cosa Fare

Lunezia non esiste. Ma siete proprio sicuri?

Terra a cavallo fra Toscana, Liguria, Emilia, Lombardia, prevista dai Costituenti nel 1946. "Puntiamo a una zona economica speciale"

Lunezia non esiste. Ma siete proprio sicuri?

Non esiste ma c’è. Lunezia è nella storia secolare di questa regione, ipotetica, che dall’alto Tirreno si stringe intorno al fiume Magra fino alla sua sorgente per scavalcare con un balzo l’appennino Tosco-Emiliano (ovvero delle regioni create sulla carta) per poi scendere nella pianura padana, avvolgere Parma, allargarsi fino a Reggio da una parte, a Piacenza dall’altra, e spingersi su, a Cremona, un po’ più in là a Mantova, fino ad arrivare alle porte del Bresciano.

Lunezia è nel non sentirsi liguri degli spezzini e nel non sentirsi toscani dei lunigianesi. Nell’insoddisfazione degli apuani che si sentono la Cenerentola della Toscana e che nella loro parlata la C non ne vogliono sapere di aspirarla. Lunezia c’è quando i pontremolesi vanno "in città" e intendono Parma, i lunigianesi guardano alla Spezia per cercare lavoro, casa o svago.

"Nell’enciclopedia del 1886 che mi ha lasciato mia nonna alla voce Massa c’è scritto città dell’Emilia", dice Egidio Banti, laureato in filosofia, normalista, docente di lettere, giornalista, prima deputato poi senatore e ora sindaco di Maissana in val di Vara, responsabile dei rapporti con gli enti locali per l’associazione Lunezia. "Cerchiamo di tenere accesa la fiammella – spiega – guardando a prospettive concrete, realistiche. Non possiamo oggi pensare a un referendum per creare una regione in più o stravolgere quelle che esistono. Possiamo però guardare ad altre prospettive, come le zone economiche speciali previste nella riforma delle autonomie. Un’applicazione socio-economica per l’area che comprende La Spezia, Massa, Parma e, almeno in parte, Piacenza, è ancora un’idea valida".

Valida, l’idea della regione Lunezia, la è da secoli. Fu più di un’idea, anche se per poco, quando i Borbone la istituirono con il trattato di Firenze nel 1844, stabilendo che alla morte di Maria Luigia sarebbe nato il Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli, compresa tutta l’alta e media Val di Magra. E’ teoria nei lavori preparatori del Congresso di Vienna del 1814 e ancor prima nel trattato di Fontainbleau, quando venne discussa l’unione amministrativa dei territori di Parma, Piacenza, La Spezia e la Val di Magra sotto il dominio della moglie di Napoleone. Svanì con il veto del ministro francese Talleyrand che temeva la liberazione di Napoleone allora prigioniero all’Elba. Ancora un sogno con l’unificazione nazionale del 1861, nei primi anni del Novecento e alla Costituente. Nel 1946 deputati parmensi, spezzini, piacentini, reggiani e cremonesi guidati da Giuseppe Micheli, presentarono la proposta di istituzione della regione Emiliano-Lunense. Il veto allora, si dice, lo pose il partito comunista, Togliatti in persona: "Non voleva che la rossa Emilia fosse separata dalla Romagna dove la maggioranza non era certo comunista" spiega Egidio Banti. Così, ancora una volta non se ne fece nulla.

A far vivere Lunezia restano storia e tradizioni, dal formaggio amato dagli antichi romani, quelle grandi forme tonde raccontate dal poeta Marco Valerio Marziale nel primo secolo dopo Cristo che tanto ricordano il parmigiano, all’antica via Francigena. E, se vogliamo rimanere sui sentieri del turismo slow in esponenziale crescita, quella storia possiamo ritrovarla nella via del Volto Santo, in quella dei Ducati, nei sentieri che percorrevano le nonne dal mare per portare il sale al di là della Cisa e poterlo scambiare con altri preziosi alimenti.

A mettere Lunezia “nero su bianco” sul web ci ha pensato però il patron dell’omonimo premio musicale-letterario, Stefano De Martino, fondato ad Aulla nel 1996 con il battesimo artistico di Fernanda Pivano e Fabrizio De André.

"Per evitare che qualcun altro potesse usare questo termine per un diverso festival, 29 anni fa il dominio della parola Lunezia lo abbiamo depositato, pagato e acquistato – spiega De Martino –. Siamo stati contattati dall’associazione che sposa la causa della regione autonoma. Ci hanno chiesto come avevamo fatto ad avere la titolarità del nome Lunezia. Lo avrebbero voluto acquistare loro, o almeno concertare con noi il modo di usufruire del dominio. C’è uno stadio che si chiama Lunezia, una squadra di pallavolo, un’azienda di caffè.. non ci interessa avanzare richieste ma solo valorizzare la musica attraverso il nostro premio"... Tutto fa!