Coppa Davis in salsa livornese. Volandri capitano nel sangue: "La mia vita in una racchetta"

Ha guidato la Nazionale del tennis al trionfo: l’insalatiera d’argento torna in Italia dopo 47 anni "Ero piccolissimo quando iniziai a giocare. Ragazzi, credeteci sempre e non mollate mai".

Coppa Davis in salsa livornese. Volandri capitano nel sangue: "La mia vita in una racchetta"

Coppa Davis in salsa livornese. Volandri capitano nel sangue: "La mia vita in una racchetta"

di Michela Berti

LIVORNO

"Mi fai tirare due palle?". Ogni giorno, a qualsiasi ora, da quando aveva 7 anni, Filippo Volandri era davanti a quel muro di Villa Lloyd a Livorno. E con tenacia, volontà e determinazione il "bimbo" livornese – perché nella città dei Quattro Mori anche i campioni sono sempre bimbi – è diventato prima un bravo tennista, poi dal 2021 il capitano non giocatore della squadra italiana che a novembre ha vinto la Coppa Davis. E ieri il sindaco Luca Salvetti lo ha salutato nel salone delle cerimonie del Comune portando gli omaggi della sua città con il dono delle “Leggi Livornine“, simbolo del passato, del presente e del futuro della livornesità.

Il campione emozionato davanti a decine di tennisti in erba, ha detto: "Ho portato un po’ di livornesità nel gruppo, questa voglia di non arrendersi mai che la mia città mi ha trasmesso da sempre e veicolare questa gioia e questa emozione con tutti gli italiani è impegnativo. E’ una gioia e un onore finalmente essere qui. Rientrando da Malaga mi sono accorto del valore sociale che ha significato questa grande vittoria: ovunque andiamo stiamo raccogliendo un sacco di affetto. Non abbiamo salvato nessuna vita, ma in un momento in cui si apre un giornale e si leggono tante notizie non belle, aver regalato anche soltanto un’emozione o un sorriso a tutti gli italiani ci rende orgogliosi". L’orgoglio del suo primo allenatore Piero Cocchella: "Filippo ha sempre avuto grande determinazione e una velocità di gambe eccezionale", e nelle parole del padre Renato: "Da quando era piccolo, aveva sempre la racchetta in mano, anche in casa. Mio figlio ha un grande pregio: la serietà, legata a un grande equilibrio personale perché non si è mai scoraggiato". E questo è il messaggio che il campione di tennis ha trasmesso ai suoi giovanissimi fans: "Non mollate mai, credeteci sempre e non abbattetevi. Io ho iniziato a giocare a 7 anni, sono cresciuto a Villa Lloyd dove stavo dalla mattina alla sera. Ricordo che mia madre mi veniva a cercare e mi portava a casa a fare i compiti. Quando avevo un minuto scappavo al muro del circolo, l’ho bucato da quanto ho giocato".

Sua sorella Veronica, giocatrice di tennis, come la zia Susanna, oggi entrambe maestre di questo sport, una vera e propria passione che scorre nelle vene dei Volandri. "Uno sport meraviglioso – ha continuato rivolto ai bambini – educativo, con sani valori". E sono stati proprio i più piccoli a fargli domande, guardando negli occhi colui che insieme a Jannik Sinner, Matteo Arnaldi, Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego e Simone Bolelli ha riportato in Italia, dopo 47 anni, l’insalatiera più famosa al mondo. "Cosa ho detto a Sinner l’ultimo giorno? La difficoltà del mio ruolo è quella di parlare con cinque persone molto diverse. Quindi l’ultimo giorno a Sinner ho detto il meno possibile".