Mostra dell'oro, ombra recessione sul Palaffari: ma l'export regge. Rossi all'apertura

Tutte le previsioni indicano crescita zero e il mondo dei gioielli trema. Ma i dati 2018 superiori a Vicenza. Male Dubai, corre Hong Kong

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Arezzo, 5 aprile 2019 - Le imprese dell’oro aretino, le protagoniste di Oro Arezzo, la grande fiera che si apre domani (tra i presenti c'è la conferma del governatore della Toscana Enrico Rossi) in un clima mai così incerto e quasi cupo, sono come equilibristi che camminano sul filo: in precario equilibrio ed esposte ai colpi di un vento che tutti temono in arrivo, che forse anzi è già arrivato. Quel vento, inutile nascondersi dietro le parole, si chiama recessione, ancora tecnica per adesso, ma le previsioni non sono affatto ottimistiche.

L’Italia si dibatte dentro l’arretramento del Pil dall’ultimo trimestre 2018, il resto del mondo comunque rallenta Per Confindustria il 2019 tornerà ad essere l’anno della crescita zero, altri si spingono a vaticinare un lungo periodo sotto zero. Bene, in questo susseguirsi di analisi colorate di nero, come sta il mondo dei gioielli? E come sta Arezzo che, nonostante la congiuntura fiacca, si conferma come il più importante distretto europeo del settore, superato solo a livello mondiale da qualche polo cinese e indiano?

Numeri sul primo trimestre del 2019 ancora non ce ne sono, dovrà essere Oro Arezzo a fornire un primo polso dell’economia reale e delle aspettative degli operatori, siano buyers, in arrivo da tutto il mondo, o imprese. Il 2018, tuttavia, non è andato malissimo, perchè nel paese dei ciechi l’orbo è re. E persino uno zero virgola di calo può rappresentare un segnale di stabilità più che di crisi.

Sì, perché i dati dell’export (ormai l’unico traino, visto che il mercato interno è fermo da anni) questo dicono, di un anno che è finito con una contrazione dello 0,8 per cento, che considerando il calo del prezzo della materia prima (meno 3,6%) può significare anche che le esportazioni reali sono rimaste sui livelli del 2017, persino un granellino in più.

Questo ad Arezzo, perchè i numeri delle tre capitali del gioiello sono assai diversi tra loro. Vicenza (dati freschi della Camera di Commercio e Ubi Banca) ha accusato un piccolo crollo, perdendo il 4,6 per cento, mentre Valenza è in controtendenza, con una crescita del 2,2 per cento. Il polo piemontese, anzi, si conferma per il secondo anno consecutivo come quello con le migliori performances sui mercati internazionali: 2 miliardi e 102 milioni di esportazioni contro il miliardo e 898 milioni di Arezzo. Vicenza è ormai staccata a un miliardo e 322 milioni.

Le aziende aretine perdono quote di mercato per una quindicina di milioni, quelle vicentine per una sessantina. Valenza invece sale di una trentina, a conferma di quanto sia stata felice la scelta di puntare le carte migliori sul lusso. Più contraddittorio l’andamento dei gioielli aretini, il cui principale mercato di sbocco, Dubai, continua a perdere colpi.

Le imprese del distretto ci rimettono un centinaio di milioni, con i 592 milioni di export del 2017 che diventano 499. In percentuale è una perdita secca del 15 per cento, contro il meno 5 dei dodici mesi precedenti, il segnale per le aziende che devono attrezzarsi per recuperare altrove quello che gli Emirati non riescono più a dare. Il polo alternativo verso il quale guarda Arezzo è inevitabilmente Hong Kong, che con i suoi 281 milioni di export, vale ormai oltre la metà di Dubai e che soprattutto continua a correre, sia pure a ritmi meno impetuosi: più 4,2 per cento, a fronte del 21 per cento del 2017.

Il terzo posto se lo guadagnano gli Stati Uniti, che sorpassano la Turchia, dove si fa sentire la crisi che mette in difficoltà Erdogan: 158 milioni totali che vanno negli States, anche se non c’è crescita, solo una sostanziale stabilità rispetto all’anno prima. Il destino di un settore che continua a camminare sul filo, esposto sì al rischio di cadere ma per ora resta in piedi.