LUCIA BIGOZZI
Economia

Gioielli, arriva la frenata annunciata. Primo stop (-22%) dopo l’anno record. “I segnali sono allarmanti”

Arezzo, cresce la preoccupazione degli imprenditori anche se l’export resta comunque un punto di forza. Ma riprende subito l’altalena tra oreficeria e bene rifugio: raddoppiata la vendita dei lingotti

Primo stop per l’oreficeria che nei primi tre mesi dell’anno registra una flessione (Foto di repertorio)

Primo stop per l’oreficeria che nei primi tre mesi dell’anno registra una flessione (Foto di repertorio)

Arezzo, 16 giugno 2025 – L’export continua a crescere, ma l’oro rallenta. Per la prima volta la locomotiva dei gioielli segna il passo. Anzi, registra il segno meno: una flessione del 22,8% rispetto allo stesso periodo del 2024. Complessivamente gli scambi commerciali del “sistema Arezzo” nei primi tre mesi dell’anno si attestano a 3 miliardi e 941 milioni di euro, con un balzo in avanti dell’11,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

A spingere è il settore dei metalli preziosi che traina l’exploit aretino. Rispetto al primo trimestre 2024, ha quasi raddoppiato le esportazioni, crescendo del 98%. E passando da 911 milioni di euro nei primi tre mesi di un anno fa, a 1 miliardo e 800 milioni dello stesso periodo 2025. In controtendenza, il settore della gioielleria che lascia sul tavolo del business un calo del -22,8% degli affari dopo diversi trimestri di crescita sostenuta e costante.

Una contrazione, dovuta principalmente a un rallentamento della domanda proveniente dalla Turchia, che ha segnato una diminuzione del 41,2% rispetto al primo trimestre 2024, perdendo circa 460 milioni di euro. Un assaggio del report di Camera di Commercio che sarà presentato oggi alla Borsa Merci nell’ambito della Giornata dell’economia (organizzata con Banca d’Italia).

In base alla rilevazione nei primi tre mesi dell’anno, l’andamento complessivo del comparto gioielleria-metalli preziosi è stato fortemente influenzato dalle quotazioni record del prezzo dell’oro, arrivato a sfiorare i 100 euro al grammo. Un trend che preoccupa gli imprenditori del distretto orafo e proietta le sue ombre anche sul resto dell’anno. “A gennaio 2024 il prezzo dell’oro era di 60 euro al grammo, ora oscilla tra 96-98 euro, il che significa che c’è stato un aumento del 45 per cento del prezzo della materia prima. è il primo effetto del rallentamento, per altro previsto. E temo che andrà avanti ancora per altri mesi questa situazione in cui gli ordini si sono ridotti in maniera consistente. C’è poi il balzo in avanti dei metalli preziosi, che conferma la corsa all’oro come bene rifugio di fronte agli scenari internazionali dove prevalgono l’incertezza e l’impatto delle guerre, compreso quella tra Israele e Iran”, commenta Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria. Che misura la “febbre” al comparto gioielleria di ritorno dalla fiera di Las Vegas, dove l’effetto dazi ha messo l’ipoteca sugli ordini.

“Eravamo 130 aziende italiane e tra queste buona parte aretine. I buyer c’erano ma si sono mossi con molta prudenza e perplessità nelle contrattazioni commerciali. E i pochi ordini che hanno fatto, sono da confermare dopo il 9 luglio”. Data che rappresenta un altro giro di boa per le aziende orafe aretine perchè sarà quello il giorno in cui Trump dovrà confermare o annullare l’applicazione di un ulteriore 10 per cento agli scambi commerciali con l’America. Percentuale che, se enterà in vigore, andrà ad aggiungersi al 15 per cento che gli imprenditori pagano già oggi (al 5 per cento originario si è aggiunto il 10 per cento stabilito dal presidente americano).

“L’effetto dazi è il fattore che contribuisce a rallentare gli ordini dall’America. E siamo in attesa di capire cosa succederà dopo il 9 luglio, se la cifra della tassa salirà al 25 per cento. C’è poi il fronte delle guerre ad aumentare il periodo di incertezza sui mercati internazionali”, aggiunge Giordini. Un quadro dalle mille sfaccettature che, giocoforza, condiziona le previsioni: se l’export aretino nel suo complesso continua a crescere, c’è la prima battuta d’arresto del comparto che finora è stato il carburante nel motore dell’economia.