Lingotti, il trimestre d'oro del quadrilatero big. Gioielli: ripresa Dubai, gli Usa volano

Il report sull'export aretino, prima provincia d'Italia in rapporto al Pil. Per la prima volta crescono insieme il metallo puro e quello lavorato

Lingotti d'oro (Afp)

Lingotti d'oro (Afp)

Arezzo, 13 settembre 2019 - Luca Benvenuti, nuovo amminisratore delegato, e Cristina Squarcialupi, unica di famiglia nel Cda insieme al patron Sergio ormai pronto al passaggio generazionale, arrivano sulla tolda di Chimet in un momento che per il gigante di Badia al Pino non potrebbe essere più felice: l’export di lingotti, di cui l’azienda è fra i principali produttori al mondo, cresce ad Arezzo del 51 per cento in un solo trimestre, il secondo del 2019. La media del semestre è del 46 per cento, dopo quello che era già il boom dei primi tre mesi dell’anno: 40 per cento in più.

L’oro puro insomma continua a essere uno dei grandi beni rifiugio in un momento di stasi dell’economia mondiale, con la domanda delle grandi banche, specie quelle svizzere, che cresce esponenzialmente. E ancora mancano i dati del terzo trimestre fino a settembre, quello nel quale il prezzo del metallo prezioso è schizzato verso l’alto, fino a livelli mai visti negli ultimi anni. Sorride Chimet, ma sorridono anche Italpreziosi, Tca e Safimet, il quadrilatero aretino dei lingotti. Sorride pure l’export, che trascinato da questa locomotiva potentissima, cresce di 754 milioni, da 3,3 miliardi a 4 e spiccioli.

Il surplus rispetto alle importazioni è di 1,3 miliardi, il che contribuisce a fare di questa provincia la prima in Italia per livello dell’export in relazione al Pil. Un angolo di Nord-est trapiantato in Toscana, anche se la Camera di Commercio, cui si devono i numeri giunti dopo i record registrati dall’Istat, invita alla prudenza. C’è un movimento speculativo, una febbre dell’oro come bene di investimento alternativo alla produzione manifatturiera che potrebbe sgonfiarsi presto.

SARÀ, MA intanto, ed è la prima volta, non c’è il classico pendolo per cui se cresce l’export di lingotti diminuisce quello dei gioielli, ben altrimenti capace di riflettersi su un distretto (il primo d’Italia e d’Europa) fatto di oltre mille aziende e 10 mila dipendenti, indotto compreso. Cresce infatti anche l’internazionalizzazione dei preziosi (ormai quasi unica fonte di reddito, vista la stasi interminabile del mercato interno), le cui esportazioni salgono dell’11 per cento in sei mesi, con un’accelerazione nel primo trimestre (più 18 per cento) e una leggera frenata nel secondo («solo» più 4 per cento). E, miracolo, è in ripresa persino il mercato di Dubai, da sempre il primo dell’oro aretino e da anni in crisi che pareva irreversibile.

Invece, gli Emirati registrano uno squillante più 14 per cento nel 2019, che trova conferma anche nel rush di Hong Kong (più 10 per cento) e nel ritorno della Turchia (più 3,9). Ma la vera terra promessa sono diventati gli Stati Uniti. La cifra assoluta dell’export, 84 milioni, è ancora inferiore a Dubai (290 milioni), Hong Kong (160) e Turchia (92) ma il ritmo di aumento (più 31 per cento) promette mirabilie. In totale, l’oro puro inviato all’estero vale 1,5 miliardi, quello lavorato scavalca quota un miliardo.

IL RESTO lo fa la moda, in decisa controtendenza dopo un 2017 negativo. Nel primo semestre 2019 il settore cresce del 5 per cento contro il meno 18 dell’anno precedente. Salgono l’abbigliamento (più 6 per cento), la pelletteria (più 5 per cento) e le calzature (più 8 per cento). La filiera di Prada e delle sorelli torna a tirare. Boom infine per le apparecchiature elettriche (più 30 per cento). Dentro c’è anche la Zucchetti del leader di Confindustria Fabrizio Bernini. Dire che pareva l’anno difficile del governo Lega-5 Stelle mai amato dagli imprenditori. Ma quel popolo di formiche dei manager e titolari di aziende aretini non si è fermato. La locomotiva dell’export corre più di quella di Guccini.