"Voglio decidere io quando morire": eutanasia a febbraio? De Benedetto esce allo scoperto

Walter riparte per Roma: ancora alla Camera con Cappato, poi un convegno. Ma le sue condizioni peggiorano «Non ho intenzione di rimanere attaccato a una macchina».

De Benedetto con Cappato e Perduca

De Benedetto con Cappato e Perduca

Arezzo, 3 dicembre 2019 - «Vado a Roma e li continuerò a chiedere l’eutanasia, non ora ma quando sarà il momento, a febbraio o marzo che sia». E’ ferrea la volontà di Walter De Benedetto, l’aretino affetto da artrite reumatoide, una malattia degenerativa che da anni lo ha costretto in carrozzina. Le sue condizioni di salute, racconta, peggiorano «e non ho alcuna intenzione di rimanere attaccato a una macchina».

Walter ha in programna nella data del 19 dicembre, un giovedì, un viaggio nella capitale dove ad accoglierlo ci sarà Marco Cappato, il presidente della Fondazione «Luca Coscioni» che segue passo passo la vicenda del disabile di Ripa dell’Olmo. Cappato è venuto anche ad Arezzo insieme a Marco Perduca (coordinatore di Legalizziamo.it) per un incontro nella casa di De Benedetto, culminato nell’annuncio della decisione di Walter di effettuare il testamento biologico, atto firmato allo Sportello Unico della Cadorna pochi giorni dopo.

Era presente anche Mina Welby, a dimostrazione di come ormai la sofferta storia di quest’uomo di 48 anni sia diventata un caso nazionale, una sorta di bomba a orologeria destinata a esplodere da un momento all’altro. «Il dolore non aspetta» continua a ripetere Walter al telefono, appena uscito da una grave crisi influenzale che lo ha molto debilitato.

L’ex infermiere aspetta adesso questo nuovo appuntamento romano, il secondo dopo la partecipazione a una manifestazione per la cannabis terapeutica e per il fine vita che si era tenuta davanti a Montecitorio, nel giorno in cui il disabile aveva incontrato il presidente Roberto Fico. «Insieme a Cappato tornerò di nuovo alla Camera dei deputati, più tardi parteciperò a un convegno in un hotel nel quale ribadirò la mia ferma volontà di staccare la spina quando scoccherà l’ora, quando la sofferenza sarà troppa e non varrà più la pena di sopportarla. Voglio morire con dignità».

Saranno giorni intensi per Walter che il 20 dicembre è intenzionato a prendere parte all’udienza in tribunale per il processo all’amico Marco, arrestato mentre stava innaffiando la cannabis coltivata da De Benedetto per sopperire all’insufficienza della quantità passata dal servizio sanitario nazionale.

«Ai carabinieri - spiega - avevo detto subito che la responsabilità era la mia; e mia era la serra dove coltivavo la cannabis che mi aiuta a lenire gli atroci dolori provocati dalla mia malattia. Ma a oggi non sono stato destinatario di alcun avviso di garabzia, come può confermare il mio amico avvocato Nicola Fumarola, che da sempre mi è vicino. Sento nei confronti di Marco una grossa responsabilità e mi auguro che i giudici capiscano la situazione».

Nel frattempo, però, la dose giornaliera fornita dal servizio sanitario nazionale è stata raddoppiata, passando da uno a due grammi