Via Garibaldi, la dedica dell’espiazione

Gli aretini volevano farsi perdonare le porte chiuse in faccia all’Eroe nel 1849. E gli dedicarono l’asse più lungo del centro

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di Salvatore Mannino

Il dibattito si accese poco più di un mese dopo la morte dell’Eroe, il 2 giugno 1882. A metà luglio si riunì un consiglio comunale che aveva all’ordine del giorno alcune importanti modifiche della toponomastica cittadina, ben oltre la via che era già stata intitolata a Cavour. La proposta della maggioranza era infatti, oltre che di trasformare piazza San Francesco in piazza Umberto, di unire una lunghissima via Nazionale il centralissimo asse che partiva da Porta San Clemente all’attuale Porta Trento Trieste, che al tempo si chiamava ancora Porta Ferdinanda, dal nome del Granduca che ne aveva favorito l’edificazione subito dopo la Restaurazione del 1815. Via Nazionale, appunto, come a Firenze e come a Roma, strada peraltro destinata a non nascere mai.

Dall’altro lato di Palazzo Cavallo, infatti, si alzò a parlare un consigliere repubblicano e massone, Luigi Petri, che osò l’inosabile in un’Italia solidamente monarchica e in una città dominata dalla Destra clericonon solo la nascente via Nazionale a Garibaldi, ma anche piazza S.Francesco a Mazzini, morto esule in patria, ricercato dalla polizia, a Pisa nel 1872. Inevitabile il baillamme fra maggioranza e minoranza, risolto da un compromesso di cui fece le spese il povero Mazzini: per lui una strada minore, mentre Garibaldi ottenne effettivamente gli venisse intitolato l’asse nato dalla fusione di Via Sacra, via dell’Ascensione e via S.Agostino.

I tre tratti sono ancora facilmente distinguibili. La via Sacra è quella che andava dall’edificio delle carceri fino all’incrocio con via Guido Monaco. Il nome derivava, fin dal Rinascimento, dai conventi che su di essa si affacciavano e dei quali è rimasto adesso soltanto un ricordo. Era un convento l’attuale edificio delle carceri, che non a caso si chiamano ancora di San Benedetto, erano un convento la Caserma Piave, adesso dismessa e in attesa di destinazione definitiva, gli edifici da cui sono sorte la scuola Gamurrini e il collegio di Santa Caterina.

Anche gli altri due tronconi avevano un’origine religiosa via dell’Ascensione, dall’altro lato di via Guido Monaco fino a piazza Sant’Agostino, via Sant’Agostino da lì fino a Porta Trento Trieste, un percorso lungo il quale si ritrova ancora la targa che ricorda il primo, rudimentale, stabilimento industriale cittadino, una fabbrica di uniformi per l’esercito granducale.

Garibaldi, insomma, si ritrovò titolare di una strada infinita, ben più lunga, prestigiosa e importante per i traffici che vi si svolgevano e vi si svolgono di quella dedicata successivamente al suo grande antagonista aretino, il poeta Antonio Guadagnoli. Perchè rivale? Perchè fu proprio quest’ultimo, gonfaloniere, cioè sindaco, nel 1849, a ordinare nel luglio di quell’anno che venissero chiuse le porte della città in faccia ai garibaldini e a Garibaldi in fuga da Roma, dove era appena caduta la Repubblica, verso Venezia. C’erano anche Anita, che sarebbe morta poco dopo, nelle paludi attorno a Comacchio, e Ciceruacchio, il popolare frate destinato alla fucilazione. Un peccato originale che ha pesato a lungo sugli aretini: aver costretto l’Eroe ad accamparsi sulla collina di Santa Maria. La via più lunga fu anche un modo per espiarlo.