Truffa Etruria, i tempi si allungano: la sentenza rinviata a marzo

Il calendario iniziale la prevedeva entro dicembre. Gli ultimi della "cabina di regia" rinunciano a farsi interrogare? Cinque dirigenti accusati di aver incitato gli altri e i direttori di filiale

Protesta degli azzerati

Protesta degli azzerati

Arezzo, 24 settembre 2018 - Si allungano i tempi del processo per la cosiddetta truffa Etruria, l’accusa a dirigenti, direttori di filiale e dipendenti della fu Bpel di aver piazzato le famigerate subordinate, poi azzerate dal decreto salva-banche del 22 novembre 2015, a un grande pubblico ignaro dei rischi che correva. Ben che vada, infatti, la sentenza non arriverà prima del 21 marzo, giorno di inizio di una primavera quantomai lontana, quando ancora deve finire l’estate precedente.

Ed è inutile dire che il giudice Angela Avila, cui toccherà l’onere del verdetto, aveva inizialmente preventivato di chiudere tutto entro Natale. Il nuovo calendario fissato all’ultima udienza prevede invece che si vada avanti con l’istruttoria, cioè con l’audizione dei testi, della difesa stavolta, almeno fino alla fine dell’anno. Il 30 e 31 gennaio la requisitoria del Pm Julia Maggiore, che rappresenta in aula il pool di procura cui si debbono tutte le indagini del caso Etruria, a cominciare dall’altro filone scottante, quello della bancarotta, mentre le difese avranno a disposizione febbraio per le loro arringhe.

In aula le posizione dei 37 imputati sono ben differenziate. Da un lato ci sono i cinque dirigenti, la cosiddetta «cabina di regia», che devono rispondere di istigazione alla truffa, cioè di aver incitato colleghi e impiegati a collocare i bond senza guardare troppo per il sottile, dall’altro invece ecco i dipendenti (molti sono direttori di agenzia) cui viene imputata la truffa aggravata.

E’ chiaro che la prima imputazione non può esistere se non è provata la seconda, mentre quest’ultima puà teoricamente reggere anche da sola. Comunque sia, dopo che prima delle ferie, in luglio, erano scesi nella fossa dei leoni dell’esame degli accusati i primi due «istigatori», Luca Scassellati, direttore della zona Arezzo, e Paolo Mencarelli, che entrambi hanno ribattuto colpo su colpo al Pm, i loro compagni di imputazione sembrano adesso decisi a sottrarsi allo stress di questo tipo di interrogatorio incrociato.

Di qui la decisione di Federico Baiocchi Di Silvestri di procastinare la scelta fino alla prossima udienza del 27 settembre. Secondo quanto trapela, poi, gli ultimi due protagonisti, Samuele Fedeli e Luigi Fantacchiotti, a presentarsi all’esame non ci pensano nemmeno, come del resto è nei loro diritti.

Il giudice Avila, dunque, potrebbe trovarsi nelle condizioni di pronunciare la sua sentenza solo sulla base delle testimonianze e delle carte depositate, senza sentire gli ultimi imputati del reato istigativo.Molto si gioca sulla credibilità dei testi d’accusa che sono sfilati in aula ai primi di luglio, quelli che hanno raccontato di aver subito pressioni perchè erano recalcitranti a piazzare le subordinate alla loro clientela. Una versione che Scassellati e Mencarelli hanno contestato con forza: se ci fu un trasferimento, hanno spiegato, non era punitivo ma preventivo: quel promotore stava passando alla concorrenza.