
SCUOLA MEDIA "IV NOVEMBRE" - AREZZO
La morte è il cessare di esistere. Il cuore smette di pompare sangue, gli organi abbandonano le loro funzioni e il cervello non ha più la facoltà di organizzare il corpo. Non è semplice pensarci. Troviamo rifugio nell’idea che esista una vita dopo la morte, oppure non sappiamo come e con chi parlarne. Sicuramente non aiuta chi dice che non è un argomento adatto alla nostra età. Ignorando la morte, questa non smette di esistere. Non parlarne non è un modo per scappare o rimandare. Ci si sente disorientati e impauriti di fronte a questo tabù. Quando perdiamo una persona cara, proviamo dolore e per evitare la morte, vorremmo non parlarne. È normale non saper come reagire.
Il suicido ci è difficile da concepire. Come può una persona togliersi la vita? Il dolore fa parte di ogni individuo e pensiamo che non accettarlo renderebbe la vita simile a un videogioco: HAI TRE VITE, PRONTO? 3… 2… 1… VIA.
La vita è fatta di prove con milioni di possibilità. Saper andare avanti nonostante tutto fa parte della vita. Il suicidio è la privazione che qualcuno si autoimpone quando pensa che la sua vita sia completamente rovinata o che non valga la pena andare avanti. Eppure il numero di persone che si suicidano è cresciuto negli ultimi anni: nel mondo circa 700.000 in un anno; in Italia sono circa 4.000.
Questo significa che ogni sedici ore una persona si uccide e un’altra tenta di farlo ogni quattordici. I suicidi tra i giovani (dai 10 ai 15 anni) sono drasticamente aumentati del 75%, a seguito del lungo periodo di lockdown. Ad essere aumentate sono anche le richieste di consulenze neuropsichiatriche da parte di ragazzi tra 9 e 17 anni, dovute alle diagnosticate situazioni di: ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e comportamenti autolesivi.
Questi disturbi spesso trovano origine nell’ansia e nella depressione, causate anche dalla scuola. Il 20-25% dei ragazzi soffre di ansia e depressione, condizioni che prima che al suicidio portano all’autolesionismo.
Gli adulti costituiscono un punto di riferimento fondamentale, sia nel ruolo di genitori, che di nonni, zii, tutori o professori. Spesso però, i ragazzi, invece di trovare in loro una figura con cui potersi sfogare serenamente riguardo ai propri problemi, preferiscono chiudersi in se stessi temendo di essere giudicati o incompresi.
Noi ci sentiamo solo di dire loro che una visione esterna è sempre più razionale e completa rispetto a quella che si potrebbe mai avere dall’interno. Forse parlarne è proprio necessario.