SILVIA BARDI
Cronaca

Quella storia scritta nelle case in terra cruda

Una è ad Alberoro ed è al centro di uno studio di Caterina Romano. Nè pietra nè calce ma anticipavano i principi della bioedilizia

di Silvia Bardi

E’ un’usanza antichissima. Viene dalla Mesopotamia, quando si costruivano mura e case senza pietre e senza calce, ma solo con la terra cruda. Sembra impensabile oggi che vediamo crollare persino il cemento armato. Eppure le case in terra battuta esistono ancora e una è ad Arezzo, ad Alberoro, lungo la strada statale 327 tra la chiesa di San Marco e il bar del paese. Un esempio ancora integro risalente al XIX secolo.

A svelarcene l’esistenza è Caterina Romano e lo scrive nell’ultimo "Bollettino" della Brigata aretina amici dei Monumenti. Scopriamo così che questa pratica tramandata nei secoli in Africa ed Asia, è stata portata in Europa dai Greci e dai Cartaginesi, mentre i romani preferivano affidarsi alle più resistenti pietre e ai laterizi cotti. Di che si tratta? Si mescola terra argillosa con paglia tritata, acqua, materia organica e materiali di recupero come ghiaia e resti di vecchi edifici. Un esempio perfetto di riciclo. Con l’impasto, lavorato con mani e piedi, si fanno mattoni da far seccare al sole e poi usati per la costruzione. Una tecnica usata anche nel Medievo. "In Toscana sono presenti innumerevoli esempi di costruzioni in terra cruda di cui spesso gli stessi abitanti sono inconsapevoli - spiega Caterina Romano - diffusi in modo massiccio nella prima metà dell’Ottocento quando con il frazionamento dell’unità poderale classica si moltiplicò la domanda di case coloniche al minimo costo possibile. Edificare con impasto di terra e paglia era adatto al livello più basso delle condizioni di vita dei contadini".

E c’è anche un trattato su come costruire in terra cruda, di Giuseppe Del Rosso, accademico dei Georgofili: nel 1973 pubblicò l’opuscolo "Dell’economica costruzione delle case di terra". Sosteneva che le costruzioni della fine del XV secolo erano frequenti in Valdichiana e Valdarno. Vantaggi? Longevità, buon isolamento dal caldo e dal freddo, resistenza all’umidità.

La casa di Alberoro, spiega la Romano, non appare nella mappa catastale del 1823 ma è sicuramente esistente nel 1853 e secondo la testimonianza degli anziani vi abitò una famiglia di contadini fino agli anni ’50. Una costruzione con basamenti in pietra che la protegge dall’umidità, muri spessi 60 centimetri fatti di argilla, ghiaia, sabbia recupera dal Rio di Alberoro, 43 metri quadrati, due ambienti con cucina e camera da letto per l’intera famiglia, tetto in laterizi e cotto secondo la tradizione toscana. Ma altri casi isolati, assicura la studiosa, sono presenti nelle campagne aretine: a Camucia, Fratta e Farneta di Cortona, a Castroncello di C.Fiorentino.

La moderna architettura sta rivalutando questa tecnica a chilometro zero, per le sue qualità di risparmio energetico, ecocompatibilità e salubrità. Ricordiamo i laboratori nel 2016 della Fabbrica del Sole a Tegoleto. "Ma - conclude la Romano - l’unica norma nazionale sulla terra cruda è la legge 24 dicembre 2003 n.378. La cosa più difficile è superare il concetto di costruzione povera e poco dignitosa e sovvertire l’associazione della terra con la povertà e il degrado. Quando si accetterà di utilizzare certi tipi do materiali ecologici, si arriverà ad uno sviluppo importante di edilizia sostenibile".