
La Sala dei Grandi in Provincia. In alto, il presidente Polcri con il prefetto Di Nuzzo
Presidente Polcri, la mancata approvazione del rendiconto di gestione sta creando una situazione assurda in Provincia: si rischia il commissariamento. Qual è la sua lettura?
"La Provincia è un ente di secondo livello, non politico, dove il consiglio cambia frequentemente. Questo rende difficile avere una maggioranza stabile per il presidente. Siamo in un corto circuito: senza il via libera al rendiconto ci sono sanzioni che penalizzano direttamente i Comuni, non il presidente o un partito. Si rischia il blocco di risorse per opere, assunzioni e persino servizi essenziali come le scuole, poiché non si può usare l’avanzo di gestione".
In termini economici, quanto rischia di perdere la Provincia?
"Circa 700mila euro dall’avanzo non applicabile e altri 600-700mila euro dal taglio dei trasferimenti erariali. Oltre al blocco delle assunzioni e il divieto di indebitamento per opere pubbliche".
Quali sono le opere pubbliche che rischiano di più?
"La strada Tiberina Bis: un blocco dei lavori in corso sarebbe un danno enorme. Anche diversi interventi su scuole e palestre si bloccherebbero. Ho lavorato molto per queste opere, inclusa la delibera per l’inizio dei lavori per Ponte Buriano".
Cosa ha intenzione di fare per uscire da questo impasse?
"Riconvocherò il consiglio con tempi più lunghi, fissando la data con i capigruppo per garantire la massima partecipazione: spero entro il mese di luglio".
Di fronte a un altro no al consuntivo si rischia il commissariamento dell’ente da parte del prefetto...
"Sì ma è bene chiarire che se il rendiconto non viene approvato, è il consiglio a essere inadempiente. Le mie dimissioni non risolverebbero il problema, anzi lo complicherebbero, dato che i numeri attuali dipendono anche dal mio voto. Il problema non è il presidente, come qualcuno vuol far credere, ma la volontà politica del consiglio".
Secondo alcuni lei dovrebbe fare un passo indietro. Cosa risponde?
"Le dimissioni sono una scelta personale: faccio politica per l’interesse generale, non per me stesso. Nessuno mi ha chiesto di dimettermi in cambio dell’approvazione. Il punto è la responsabilità: non si può ricattare un ente per un interesse particolare o per antipatia verso il presidente. Far cadere un ente per una persona sarebbe grave. Sono disponibile al confronto sulla mia persona, ma se le mie dimissioni non risolvessero il problema del rendiconto, non servirebbero a nulla".
In questi due anni e mezzo di presidenza, si è chiesto di chi sia la responsabilità di questo stallo?
"Avere un’impostazione civica e non appartenere a “club politici” mi rende scomodo per alcuni. Ho vinto le elezioni perché libero e rappresento i territori. L’errore è strumentalizzare la mia posizione. In questi anni ho lavorato per ottenere finanziamenti significativi come i 21 milioni per Ponte Buriano e i 20 milioni per strade e ponti. Il problema è politico, legato alla difficoltà dei partiti di dialogare con un civico come me, non inquadrabile in schemi tradizionali".
Alla luce di questi due anni e mezzo complicati, rifarebbe la scelta di ricandidarsi alla guida della Provincia?
"Sì. Nonostante le difficoltà, credo nel rischiare per il territorio. La politica fatta a tavolino non è vera politica. I giovani sono disaffezionati perché si parla solo di scontri, non di grandi temi. L’interesse generale dovrebbe unire tutti, altrimenti siamo irresponsabili".
Come definirebbe oggi il tuo stato d’animo?
"Sono determinato. Faccio politica da tempo, conosco gli schemi. Ho fatto tutto il possibile e sono disponibile al confronto. Non mi sottraggo. Spero che si trovi una soluzione per approvare il consuntivo, poi si discuterà del resto. La gente vuole una politica che costruisca, non che si scontri. Non si può portare un ente in crisi in bianco per questioni personali o antipatie".
f.d’a.