
Prete tra la gente da mezzo secolo Don Alvaro, rito e festa in centro "Aretini, salviamo insieme la Pieve"
di Lucia Bigozzi
"Non è la persona, ma il sacerdozio. È dire grazie del dono dei sacerdoti alla Chiesa. Non la persona, ma il dono del ministero". Scandisce, ripete, raccomanda. Non lui sul proscenio ma i suoi cinquant’anni tra la gente. Don Alvaro Bardelli taglia il traguardo del mezzo secolo di vita sacerdotale e il pensiero corre a quel "29 giugno 1973, avevo 24 anni". È il giorno della sua ordinazione, dopo gli studi al Seminario di Cortona. L’inizio di quello che definisce "un viaggio", fu segnato da un doppio evento. "La chiesa delle Chianacce fu consacrata la sera prima, il 28 giugno, e per San Pietro e Paolo avvenne la mia consacrazione al sacerdozio. Quindi, è un doppio anniversario". Che avrà una cerimonia semplice, come nello stile del parroco della Pieve e custode della Madonna del Conforto, ad Arezzo da oltre trent’anni: il 16 luglio nella frazione cortonese "ci sarà una Messa con il vescovo Andrea e la gente della parrocchia", dice don Alvaro che oggi riceverà l’abbraccio degli aretini durante la cerimonia religiosa in Pieve (alle 18) alla quale seguirà "la merenda per tutti al campino, accanto alle scale mobili. Un momento per stare insieme", sorride mentre sale a piedi verso la chiesa imbrigliata da transenne e ponteggi issati in fretta per proteggere la facciata dopo il distacco di alcuni frammenti delle colonnine "malate".
"Dispiace vederla così, ma siamo grati alla Madonna perchè poteva andare peggio", spiega mentre saluta chi gli si fa incontro per una stretta di mano. È stato lui a lanciare l’appello alla città "per salvare la facciata del monumento che appartiene alla comunità e va preservato se vogliamo trasferirlo alle generazioni che verranno. Noi siamo stati fortunati ad averlo ricevuto integro, ma ora c’è bisogno di mettere insieme un grosso finanziamento per restaurare e custodire il monumento a rischio. Otto secoli di storia, l’esposizione alle intemperie, hanno messo a dura prova la resistenza del basamento su cui poggiano le colonnine". Don Alvaro rilancia la sollecitazione del vescovo Andrea per un intervento diretto dello Stato ma al tempo stesso confida negli aretini: "È il momento di dire ci siamo, lasciamo qualcosa di prezioso alle generazioni future".
Mentre sale verso la Pieve, incontra una coppia di antiquari, marito e moglie con il banco proprio davanti alla chiesa. Sono di Torino e alla città don Alvaro riconduce un episodio curioso che li coinvolge: "Siamo andati lì con le reliquie di San Donato insieme agli esponenti della Compagnia, per una sorta di gemellaggio con Borgo San Donato che rappresenta una realtà importante di Torino. Ad un semaforo, il nostro pulmino ha sfiorato lo specchietto di una macchina. Mi sono affacciato dal finestrino e ho scoperto che l’automobilista era proprio l’antiquaria che espone alla Fiera. Lei mi guarda, sorride ed esclama: don Alvaro, che ci fa a Torino?". La cordialità dell’incontro, si traduce subito in un invito: "Vi aspetto alla Messa e poi al campino per la merenda, mi raccomando!". Mezzo secolo tra la gente, vissuto tutto d’un fiato nei giorni più leggeri e in quelli carichi di pensieri, lungo i tornanti di un "viaggio fatto insieme alle persone e con i miei limiti, i difetti, i peccati ma senza ripensamenti". I momenti più belli del sacerdozio sono i matrimoni e i battesimi celebrati, dei quali, forse, avrà perso pure il conto. Su tutti, richiama la Peregrinatio Mariae: "Abbiamo portato la Madonna del Conforto in ogni angolo della Diocesi". Poi una riflessione sul tempo che stiamo vivendo, "una fase di passaggio nella quale la gente appare insicura e i giovani manifestano un malessere".
Un regalo dagli aretini? Non ha dubbi: "Una fede rinnovata e una partecipazione sempre più gioiosa alla vita della chiesa".