Giorni fa un tennista tedesco, Alexander Zverev, ha fatto allontanare dagli spalti degli Us Open uno spettatore che cantava "Deutschland, Deutschland über alles". Perché, ha poi detto il tennista, costui cantava l’inno più famoso del nazismo e questo "gli pareva un po’ troppo". In realtà "un po’ troppa" era la topica: il tapino cantava semplicemente l’inno ufficiale odierno della Repubblica Federale di Germania.
C’è in giro una paranoia, non solo italiana, un politicamente corretto incolto, isterico e conformista. Si domanda se ci sarà chi chiederà la restituzione delle medaglie olimpiche della Nazionale di calcio 1936 e dei Campionati mondiali del 1934 e 1938, dove i calciatori salutavano dal campo a braccio teso. È ormai riduttiva la considerazione attribuita a Ennio Flaiano "in Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente detti e gli antifascisti".
Qui c’è ormai un balletto scomposto e demenziale, sempre più simile a una caricatura degli scenari orwelliani. Così una preghierina da bimbetti un po’ sempliciotti che osanna le qualità sacre del re degli alimenti nazionali, diviene un pericoloso inno fascista. E la lodevole aura culturale che il fornaio di buoni pensieri aveva adoperato a lode dei suoi prodotti, un atto apologetico.
Quegli ingenui versetti piuttosto richiamano ricordi di rimbrotti e labbroni degli
ascendenti se qualcuno veniva colto
a gettare un pezzetto di pane e il bacino
che comunque lo accompagnava nel suo viaggio nella spazzatura.
* ex parlamentare
e scrittore