
Il giorno prima del premio, in una Pieve Santo Stefano che ancora si stava trasformando nel paese della memoria, Paola si era affacciata curiosa in centro. Per scoprire chi avesse votato per lei, per conoscere gli attori che avrebbero letto e interpretato alcune pagine del suo diario. Curiosa, sotto un caschetto nero che segue passo passo il racconto di tutti i finalisti. Fino alla vittoria. Alla sua vittoria.
Paola Tellaroli, in arrivo da Castiglione dello Stiviere, un’odissea alle spalle malgrado i suoi giovani 37 anni, vince il Premio Pieve. Lo vince con il diario "Tutta la polvere del mondo in faccia". E ne vince un’edizione straordinaria, quella che coincide con il centenario della nascita di Saverio Tutino, il pioniere di un’idea diventata famosa in tutto il mondo. "Questa è cultura" avrebbe sussurrato il giornalista e saggista. E avrebbe avuto ragione. Perché nella piazza di Pieve scorre la vita vera, fatta di storie personali che alimentano quella pubblica.
Un fiume dove possono convivere gli opposti. La guerra personale di Paola, che appena trentenne viene colta da un ictus, se ne accorge perché la voce le sparisce nel momento di richiamare il gatto, ma dall’ictus si rialza. Cominciando cinque anni dopo l’esplodere della malattia a scrivere quel diario che ieri le ha regalato un infinito applauso. "Però oggi questi cinque anni finiscono e ultimamente la paura ha preso a svanire. Ora mi sento un pò come dopo un’apnea prolungata: necessito di aria fresca e di buttare fuori tutto questo male. So bene che per tornare a vivere mi basterebbe solo avere qualcuno a cui raccontare questa storia - così da schiacciare quest’ultima bolla di vita". È uno dei passaggi del suo diario, della battaglia contro il "coriandolo", il grumo di sangue che le cambia la vita.
La sua battaglia per una edizione lascia alle spalle la guerra. Quella di Ettore Piccinini, è un ufficiale che non era riuscito a fare neanche una giornata di guerra e che dopo l’8 settembre, per una scelta personale coraggiosa, si ritrova nei campi di concentramento; quella di Anna Maria Rold, dalla guerra tenta di fuggire, dei manifesti la spingono a Vienna a cercare un paradiso che non c’era. Tornerà a fatica, così come Ettore dai campi di concentramento, percorrendo i 700 chilometri che lo dividevano dalla sua Ancona.
"Vince Paola Tellaroli": Guido Barbieri, con un guizzo di pathos rubato ai microfoni ribelli, pronuncia il suo nome. Paola si alza, si sistema la gonna, prova a frenare le lacrime. Fa cioè tutto quello che il "coriandolo" a suo tempo le avrebbe impedito, lo fa grazie alle cure e alla determinazione granitica di uscirne viva. L’applauso della piazza la coglie quasi di sorpresa, e regala un ringraziamento al compagno di vita e "ai delfini e ai pulcini che mi hanno aiutato".
Come? Basterà leggere il diario, che di qui a qualche mese sarà in libreria. Ma intanto con una scrittura fluente ed efficace, Paola è anche autrice di una serie di volumi dedicati a Padova, il suo dramma viene sciolto nella piazza della memoria. "Ero ignara che il tempo stesse erodendo i miei neuroni che, come ali di farfalla, una volta offesi avrebbero perso per sempre la polvere che permette loro di volare. E che il mio cervello si stava sgretolando di minuto in minuto senza che io me ne rendessi conto. Non sapevo cos’era ad impedirmi di parlare". Cronista di se stessa, tra i tempi lunghi dell’ospedale e quelli della riabilitazione.
In prima battuta in un ospedale del Lido di Venezia, dove con grande impegno torna a camminare, a compiere gesti quotidiani come insaponarsi i capelli e allacciarsi le scarpe. Lì, a due passi dal red carpet della Mostra del Cinema, rinasce la seconda volta, a cominciare dalle piccole cose. I primi passi di un bambino. I fogli bianchi di un diario. Le lacrime tra gli applausi della folla di Pieve.