LUCA AMODIO
Cronaca

Omicidio del Pozzo. Oltre 50 testimoni nel processo a Rana

Iniziato ieri il procedimento per la morte di Letizia Girolami, uccisa a colpi di zappa dall’ex genero pakistano che rischia fino all’ergastolo. Tra coloro che parleranno in aula anche la figlia e il marito della vittima.

La presidente della corte d’assise Annamaria Loprete all’inizio dell’udienza

La presidente della corte d’assise Annamaria Loprete all’inizio dell’udienza

È iniziato ieri mattina, davanti alla corte d’assise di Arezzo (presidente della corte Annamaria Loprete e giudice a latere Giorgio Margheri), il processo per l’omicidio di Letizia Girolami, la psicoterapeuta uccisa nell’ottobre scorso nel casolare di famiglia a Foiano. Sul banco degli imputati Mohamed Irfan Rana, 37 anni, accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi: un capo d’imputazione che, se riconosciuto in aula, potrebbe condurlo all’ergastolo.

L’uomo è detenuto nel carcere di Perugia dal giorno successivo al delitto. Da lì ha inviato una lettera di scuse ai familiari della vittima, ma è difficile pensare che ciò possa avere un peso nel giudizio della corte. Tanto più che, subito dopo l’arresto, aveva confessato il delitto durante l’interrogatorio con la pubblica ministera.

Una confessione che, però, non ha valore probatorio pieno, in quanto resa in un momento del procedimento – l’interrogatorio di garanzia – in cui l’indagato non è ancora sottoposto al contraddittorio tipico del dibattimento. Per questo motivo, la dichiarazione potrà essere tenuta in considerazione ma non potrà essere usata come unica base per una condanna. Sarà dunque il processo, attraverso l’ascolto dei testimoni e l’analisi delle prove, a stabilire se e come i fatti si siano realmente svolti.

Dopo il rinvio della prima udienza, inizialmente prevista per il 6 maggio e poi slittata a causa dello sciopero degli avvocati, ieri si è svolta la prima seduta del dibattimento. In aula si sono costituite le parti civili, e la corte ha ammesso tutti i testimoni richiesti, sia dalla pubblica accusa sia dalla difesa: in totale oltre 50 persone, anche se più di 20 nomi risultano sovrapponibili. A rappresentare l’accusa in aula ci sono il procuratore capo Gianfederica Dito e la pm Angela Masiello.

La difesa è affidata all’avvocata Maria Fiorella Bennati, che ha sollevato due eccezioni preliminari, tra cui una relativa a un presunto vizio procedurale per il mancato accesso del suo assistito al rito abbreviato.

La corte ha respinto entrambe le eccezioni. La difesa ha contestato infatti il fatto che al proprio assistito sia stata negata la possibilità di essere giudicato con il rito abbreviato, una procedura che consente all’imputato di saltare il dibattimento e ottenere, in caso di condanna, uno sconto automatico di pena pari a un terzo.

Tuttavia, nel caso di Rana, la presenza di aggravanti – crudeltà e futili motivi – ha escluso questa possibilità, imponendo il giudizio ordinario con la prospettiva di una condanna al massimo della pena.

Al centro del processo resta anche il tema del movente, ancora incerto. Secondo l’accusa, l’omicidio sarebbe avvenuto al termine di una lite scoppiata per la fuga di alcuni animali – in particolare pulcini di pavone – dal giardino della villa, durante una giornata di maltempo.

Una dinamica che la difesa stessa definisce poco chiara, lasciando intendere che molto sarà da chiarire nel corso delle prossime udienze.

La prossima tappa del procedimento è fissata per l’8 luglio, quando si entrerà nel vivo con l’ascolto dei primi testimoni. In aula parleranno, tra gli altri, i carabinieri che hanno condotto le indagini, ma anche la figlia della vittima – ex compagna dell’imputato – e il marito di Letizia Girolami.