
Rsa (foto generica)
Arezzo, 15 aprile 2020 - La ferita della Rsa di Montevarchi resta aperta. Anche se il grosso dei malati è stato trasferito. Undici sono stati mandati a Siena, in un centro esterno che la Asl ha scelto per farne un polo di cure intermedie e separare i positivi dai negativi. Altri dodici sono in ospedale ad Arezzo. Prima muore una signora di 93 anni: si arrende l’altra sera ma la notizia filtra solo ieri, anche al comune e al sindaco.
L’avevano trasferita al San Donato,perché le sue condizioni erano peggiorate. E lì è morta. Forse del Vadarno aretino,forse di quello fiorentino. L’ultimo respiro finisce per perdersi, nella solitudine e nell’anonimato. Ieri un’altra tragedia: una signora di 84 anni. Pare quasi certo, anche se in serata su questo non c’era la conferma definitiva, fosse sempre tra gli ospiti della stessa Rsa. Comunque un’altra vittima legata a Montevarchi. In un quadro comunque allarmante. Mentre nella Rsa di via Pascoli restano, come precisa il sindaco Silvia Chiassai, sette persone affette da Covid.
E tutto in una giornata segnata da un’improvvisa escalation dei casi. Trentadue in un giorno: il secondo picco, dopo i 56 nel giorno in cui esplose il caso Bucine. E con Arezzo che ieri ha toccato la punta massima:dieci. Sei appesi alle Rsa, altri quattro a collegamenti con casi precedenti.Tra cui un ragazzo , verrebbe da dire un bambino, di dieci anni. Un’escalation in gran parte legata al ritardo dei tamponi.
«Non c’è da allarmarsi – spiega il direttore della Asl Antonio D’Urso – se quei risultati fossero emersi l’otto non ci sarebbe stato un dato complessivo così alto». Corretto: ma è anche il motivo per cui si scatena la polemica. Se i risultati arrivano una settimana dopo, i contagiati continuano a contagiare gli altri? E’ la domanda che rimbalza da tutti i sindaci e da tutti gli osservatori. E che dovrebbe trovare una coda oggi. Perché è il giorno nel quale l’arretrato dei tamponi dovrebbe essere smaltito.
E perché soprattutto arriveranno i dati complessivi di tutte le Rsa. Intanto il caso di Montevarchi tiene banco. E’ il primo di trasferimento compatto di un reparto in una sede esterna, lontana anche diversi chilometri. Una linea che non è detto si fermi qui, potrebbe anche essere applicata in altre situazioni. E’ una delle ipotesi possibili per Bucine. Secondo perché dai dati di ieri emergono altri sei posativi nella stessa struttura.
In questa bufera di nuovi malati tanti gli asintomatici, forse il segno che lo screening sta andando oltre i binari del protocollo. E sale l’attesa per le migliaia di test sierologici fatti al personale sanitario, tremila nella zona aretina. Mentre il quadro continua a concentrarsi sulle stesse zone.
Altri tre casi nel focus caldissimo di Badia Tedalda e Ponte Presale. E ancora Cavriglia, Subbiano e Capolona, Bibbiena. In un Casentino che però per ora supera la prova delle Rsa: l’80% dei testi fatti nelle case di riposo sono negativi, Ma resta quel 20% a tenere in ansia. Qui come dappertutto. Ma certo mai come a Bucine. Nel piano zero sono rimaste 17 persone, frastornate dalla malattia e dal non vedere intorno tanti compagni di strada, i dieci morti dall’inizio dell’odissea.
E tra gli operatori i contagiati sono saliti a 24, tutti in isolamento nelle loro case. Numeri vertiginosi, oltre cinquanta in una palazzina di tre piani. D’Urso rassicura: la media di tamponi positivi è cresciuta rispetto ai giorni scorsi ma poco. Dal 2,8% è passata al 4,3, trentadue positivi su circa 750 test eseguiti. Ma ancora tanti, troppi continuano a morire. E dopo l’ultimo tampone ce n’è subito un altro pronto a raccontare la sua verità.