Arezzo, 7 giugno 2025 – Sale sull’elicottero con Rondine tra le mani. È una miniatura del monumento che racconta metodo, storie, fatica e futuro. è il dono dei ragazzi con le cicatrici della guerra e il sogno di un futuro di pace. E intreccia i simboli della terra aretina, con il faro di Camaldoli e La Verna, luoghi cari a Mattarella che qui rinsalda un legame nato nel 2018. Un legame che si percepisce nel faccia a faccia con i ragazzi che al presidente della Repubblica parlano del dolore della guerra e della speranza che non muore, nemmeno sotto le bombe.

Sul palco dell’Arena di Janine, Mattarella ascolta, saluta, sorride. Sopratutto ascolta, come a condividere l’urgenza di una pace non più rinviabile: è la sollecitazione di Bernadette, studentessa della World House. Lei viene dal Mali e la sua vita è cambiata sotto le bombe di una guerra, forse troppo lontana dai riflettori del mondo. Parla del suo dolore e di quello di tante donne e ragazze, prime vittime di guerra, chiede impegno per uscire dall’inganno del nemico.
E al presidente della Repubblica chiede che si faccia portavoce del “grido” di pace dei ragazzi che qui lo accolgono con entusiasmo. Lui parla a braccio, risponde alle domande di Lorenzo Rampi, liceale arrivato da San Giovanni che sollecita l’azione dell’Europa per superare i conflitti, e di Chiara Cometto, studentessa dal quarto anno di Rondine, che rivendica il coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali che ridisegnano lo scacchiere del mondo.
“Ricercare ostinatamente contatti, rapporti, collaborazioni, punti di incontro molto maggiori di quelli di incomunicabilità”, è l’esortazione del capo dello Stato rilanciando l’unità dell’Europa “che deve diventare uno dei perni della costruzione di un sistema” che rimetta al centro il confronto tra Stati contro ogni rigurgito di prevaricazione.
E non a caso definisce la Cittadella “una straordinaria palestra di relazioni”. Le sue parole vanno al cuore dei giovani, qui nell’Arena di Janine dove Liliana Segre ha consegnato la sua ultima testimonianza pubblica e la sua eredità morale. Non c’è la senatrice a vita ma è come se fosse qui, in mezzo ai ragazzi.
È come se stringesse la mano di Mattarella attraverso quella dei figli Alberto, Luciano e Federica che lo accolgono davanti alla pietra dove Liliana ha voluto incisa la frase: “Ho scelto la vita e sono diventata libera”. Un momento carico di significato. Che anticipa l’incontro privato del presidente della Repubblica coi giovani della World House: israeliani e palestinesi, russi e ucraini, ragazzi arrivati dalle zone in fiamme di Africa, Caucaso, Balcani, America Latina. Mattarella ha ascoltato la sofferenza, lo smarrimento, il coraggio di abbandonare lo schema del nemico e abbracciare la dimensione della persona. Un faccia a faccia che “buca” perfino i tempi del cerimoniale e restituisce tutta l’intensità del dialogo tra persone.
Massimo riserbo sul colloquio, ma da quello che trapela i ragazzi hanno chiesto al presidente nel suo ruolo di massima autorità istituzionale, l’impegno a raggiungere gli obiettivi cruciali, a cominciare da un “cessate il fuoco”, condizione essenziale per aprire il canale della mediazione: così in Ucraina e a Gaza. Un impegno raccolto da Mattarella, pure attraverso un gesto potente: secondo quanto filtra, il presidente si è portato le mani sul cuore assicurando loro di farsi carico del compito affidato. È come se avesse detto: le vostre richieste per me ora diventano un impegno. L’elicottero di Mattarella si alza sul campo di calcio, ma il “dono” di Rondine, viaggia verso il Quirinale.