Martina, il giorno della verità: oggi sentenza di appello bis, ansia genitori e accusati

I tre scenari: condanna secondo i principi dettata dalla cassazione, assoluzione dalla tentata violenza sessuale o riapertura dell’istruttoria. Gli indizi che pesano

Martina Rossi

Martina Rossi

Arezzo, 28 aprile 2021 - Pasqua è passata da un pezzo ma nel giallo di Martina è un altro mercoledì di passione, probabilmente quello del verdetto, anche se ci sta la soluzione a sorpresa della riapertura dell’istruttoria. La decisione tocca ai giudici della corte d’appello di Firenze, presieduti da Alessandro Nencini, che oggi (forse già stamani) vanno in camera di consiglio.

Possono uscirne con una sentenza di condanna (l’ipotesi più gettonata alla luce del pronunciamento di gennaio della cassazione, che aveva annullato la prima assoluzione del giugno scorso), di non colpevolezza (Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due giovani di Castiglion Fibocchi imputati, ci sperano ancora) o (lo scenario più difficile) di impossibilità a pronunciarsi per mancanza di alcuni elementi, nel qual caso verrebbero chiamati in aula nuovi testimoni. Si gioca tutto alla luce di alcuni indizi decisivi, oggettivi e soggettivi.

Da quale parte del balcone della camera 609 di un grande albergo di Palma di Maiorca è precipitata la studentessa genovese all’alba del 3 agosto 2011? E’ un punto fondamentale anche secondo la relazione introduttiva di Nencini: se il volo è avvenuto di lato, in direzione della stanza accanto, è plausibile l’ipotesi d’accusa della procura di Arezzo, poi rilanciata dalla cassazione, che Martina sia caduta perdendo l’equilibrio mentre tentava di scavalcare per sfuggire a un tentativo di stupro dei due ragazzi aretini, se invece il punto fosse più centrale, come sostiene la difesa, allora ci starebbe il ragionevole dubbio dell’assoluzione.

Il resto è fatto di questioni più opinabili perchè dipendono dall’interpretazione che se ne dà. Martina volò giù, nella fontana dell’hotel, in mutande: poteva una ragazza riservata come lei togliersi i pantaloncini se qualcuno non glieli avesse strappati? E i graffi sul volto di Albertoni sono, come dice lui, il gesto impazzito di una in preda a una crisi di nervi o la traccia di un disperato tentativo di difesa dalla violenza sessuale? Che senso dare alla testimonianza dei turisti danesi della camera a fianco che udirono un urlo disperato (era di Martina che precipitava?) e poi passi affrettati per le scale che secondo l’accusa erano di Albertoni e ne contraddirebbero la versione?

Gli avvocati difensori, Tiberio Baroni per il campione di motocross (Alessandro) e Stefano Buricchi per l’artigiano (Luca), hanno cercato di seminare nelle loro arringhe di quindici giorni fa quelle incertezze che potrebbero suggerire il ragionevole dubbio. Martina, dicono loro, potrebbe aver fumato quella canna che Albertoni racconta di averle offerto ed essersi sentita male, volando giù mentre si sporgeva dal terrazzo per vomitare. Ma dall’autopsia spagnola non risultano uso di droga o di alcool.

Oppure potrebbe avere male interpretato il gesto, ancora di Alessandro, di carezzarle una gamba. Senza dimenticare la tesi del suicidio di cui parla la convitata di pietra del giallo, la cameriera Francisca Puga, che non ha mai testimoniato in Italia ma che dice di averla vista lasciarsi andare volontariamente, anche se la Cassazione spiega che non era nella posizione giusta per vedere tutto.

Sono scenari sempre rifiutati dai genitori della studentessa, Bruno Rossi e Franca Murialdo, che da 10 anni si battono per arrivare a una verità giudiziaria e che anche oggi saranno in aula. Con un verdetto oggi c’è spazio per evitare la prescrizione ormai imminente (scatta a ottobre) della tentata violenza di gruppo contestata ai ragazzi. Ci sarebbe tempo, infatti, per una nuova pronuncia della cassazione. E allora come è morta Martina? Il mistero che ha appassionato l’Italia è quasi all’ultima puntata.