Martina, giallo sempre più una contesa web e social

Dopo il sito in cui Vanneschi rivendica la propria innocenza, è nato il gruppo. Facebook dei colpevolisti. In rete è battaglia. Petizione al presidente Mattarella

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di Salvatore Mannino

E’ stata fin dall’inizio non solo una battaglia giudiziaria ma anche un tam tam mediatico: due genitori, quelli di Martina Rossi, volata giù dal sesto piano di un grande albergo di Palma di Maiorca, che chiedevano giustizia per la figlia, piccoli piccoli di fronte al Moloch di una macchina giudiziaria che ci ha messo quasi dieci anni prima per mettersi in moto e poi per arrivare alla condanna, in appello per ora in attesa della Cassazione del 7 ottobre, fra un mese meno un giorno, di due ragazzi di Castiglion Fibocchi, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, accusati di aver tentato di stuprare la stuidentessa genovese, che sarebbe precipita mentre cercava di scappare. Adesso, però, quando l’ultima sentenza della suprema corte è ormai a un passo, e forse proprio per influenzarme l’esito, il caso irrompe sempre più sul web e anche sui social. Vanneschi aveva già creato un sito per rivendicare la propria innocenza, adesso si fa sempre più insistente un gruppo Facebook, "Verità e giustizia per Martina", che non solo è su posizioni apertamente colpevoliste ma ha anche rilanciato, fin dall’indomani dell’udienza di Cassazione del 25 agosto, una petizione al presidente della repubblica Mattarella.

I temi sono quelli ormai classici: il capo dello stato vigili per impedire che l’unico reato rimasto, la tentata violenza sessuale di gruppo vada in prescrizione (accadrà il 12 ottobre, appena 5 giorni dopo la Cassazione e qualsiasi ritardo sarebbe dunque esiziale), si indaghi sul perchè il ricorso di Albertoni sia rimasto in un cassetto del tribunnale di Perugia per un paio di settimane, quanto è bastato per far saltare l’udienza inizialmente fissata davanti alla quarta sezione del Palazzaccio a fine luglio). Ma non è tanto il merito che conta, quel che colpisce è soprattutto che la spaccatura fra colpevolisti e innocentisti si riproduca ormai davanti alla grande platea del popolo web, come se quel giudizio fosse altrettanto importante di quello delle toghe di professione, come se portare dalla propria parte i frequentatori dei social e dell’on line fosse carta fondamnentale ai fini dell’ultimo verdetto.

Dietro al sito processomartinarossi.org ci sono esplicitamente, lo si è già detto, per loro stessa ammissione, Vanneschi e i suoi amici, che continuano ad accumulare documentazione giudiziaria (atti dei processi) caricati sul web. Gli ultimi sono quelli relativi relativi alle condizioni psicofisiche di Martina nel 2011 (la tragedia è del 3 agosto di quell’anno) ricavati dalle testimonianze in aula. Carte apertamente contestate dai genitori della ragazza. Babbbo Bruno Rossi, antico sindacalista dei camalli, i portuali genovesi, che già aveva storto il naso sull’indirizzo del sito ("Non è il processo a mia figlia, ma ai due ragazzi accusati della sua morte") non rinuncia alla polemica: "Hanno usato il taglia e cuci, hanno sbianchettato tutte le parti che non erano favorevoli alle loro tesi e tenuto quanto gli giova".

Il padre nega invece qualsiasi contatto con il gruppo Facebook "Giustizia per Martina": "So che è nato in Sardegna, ma noi non ci abbiamo niente a che fare se non per il fatto che riecheggiano molti nostri scenari. Ma io Facebook so a malapena cosa sia e con i social non ci so fare, non so neppure come schiacciare il tasto di un computer o di uno smartphone".

Siano chi siano, siamo di fronte a due versioni opposte ("Non c’entriamo con la morte di Martina" o "Sono stati loro") che fanno di un processo clamoroso anche una contesa on line. Non solo i giornali, che scrivono da anni, non solo la Tv che nelle trasmissioni specializzate ha speso fiumi di parole, ma anche Facebook e il resto. La metafora della giustizia ai tempi di Internet.