
di Lucia Bigozzi
Saracinesche che si abbassano, luci spente, vetrine vuote, storie di impresa e di presidi su strade e comunità che spariscono. L’effetto bollette lascia sul campo chi non ce la fa: è il caso di piccole macellerie a conduzione familiare con un fardello troppo peso sulle spalle, tra rincari delle materie prime e costi energetici insostenibili. Ma per ogni saracinesca che si abbassa muore in pezzo di società. "Ci sono già alcuni casi, tra Arezzo e provincia, in cui i titolari hanno preferito chiudere", mastica amaro Alberto Rossi, patron della macelleria di via Vittorio Veneto aperta quarant’anni fa e oggi condivisa con i due figli. Negozio al dettaglio e laboratorio sul retro dove "trasformiamo la canre degli animali che prendiamo interi solo da allevatori del territorio garantendo la massima qualità al cliente", spiega Rossi che guida pure Federcarni-Confcommercio a livello provinciale e regionale, oltre a sedere nel board nazionale della categoria. Anche lui, come tutti, fa i conti con i numeri impazziti che arrivano in macelleria ogni due mesi stampati su fatture divente un incubo già solo a immaginarle. C’è di più: si attende per la fine di ottobre la nuova mazzata dei costi energetici, quella stimata tra il 50 e il 60 per cento in più. E per il settore delle macellerie che lavorano con celle frigorifere e banchi frigo, l’annuncio rimbalzato dalle piattaforme nazionali, fa paura.
"Il novanta per cento dei consumi del nostro lavoro riguarda l’energia elettrica. La cosa brutta è vedere tante piccole attività messe in ginocchio da una speculazione che in quarant’anni di mestiere non mi era mai capitata come è adesso", racconta Rossi che cinque anni fa ha investito ventiduemila euro per "rivoluzionare" la macelleria con un massiccio intervento di efficientamento energetico: "Ho realizzato un’unica centrale dove convogliare i consumi di motori e celle frigo; in questo modo ho eliminato la ’voracità’ energetica di sei motori. Ho istallato lampade a led e inverter per abbassare i consumi e ce l’avevo fatta, ma ora sono tornato indietro". I numeri definiscono l’entità del disagio: "Con l’investimento sostenuto con le mie forze, sono riuscito a ridurre la bolletta da 2200 euro ogni due mesi a 1600, ma a luglio ho ricevuto una fattura di 4916 euro e sono in attesa della prossima. Ora si parla di un nuovo aumento del 50-60 per cento e noi come facciamo? E’ un suicidio, una situazione insostenibile". Finora la filosofia aziendale de team Rossi è stata netta: "La carne e i prodotti di gastronomia freschissima che ogni giorno prepariamo, così come gli insaccati, sono alimenti e dunque beni di prima necessità; per questo non abbiamo ritoccato i prezzi per i clienti da due anni. I rincari hanno colpito il potere di acquisto delle famiglie e noi cerchiamo di venire incontro rinunciando a un margine di guadagno, ma se a fine mese la bolletta lieviterà ancora, saremo costretti a rivedere i listini".
Lo dice con la delusione dell’imprenditore che ha vissuto buona parte della sua vita lavorativa nella macelleria che non è solo un negozio dove si compra e si vende, ma è pure un punto di riferimento per il quartiere e la gente che ci vive. "Se il governo non interviene sostenendo il nostro sforzo e aiutando ad andare avanti, la situazione che si verificherà a breve sarà gravissima: le attività più in difficoltà saranno costrette a chiudere e si aprirà la cassa integrazione per tante persone".
Chi fa la spesa nella sua macelleria ha già rimodulato il livello di attenzione all’acquisto: "La nostra clientela non rinuncia alla qualità che noi garantiamo ma è chiaro che c’è maggiore attenzione e prudenza nell’acquisto". E’ un segnale altrettanto inquietante nella giostra impazzita dei rincari.