
di Alberto Pierini
Lo smoking del nonno è già pronto e stirato nell’armadio. E Matteo lo indosserà per il suo ennesimo red carpet alla Mostra di Venezia. Smoking che vince non si tocca. Un po’ per affetto e un po’ per quel pizzico di scaramanzia che al cinema non disdice mai. Lui, Matteo Bendinelli, il sound designer di tante storie, per la quinta volta protagonista al festival più antico del mondo. In tandem con un figlio d’arte come Pietro Castellitto, figlio di Sergio e di Margaret Mazzantini. A Venezia debutta da regista con "I predatori", storia interamente girata a Roma.
"Un film sorprendente" lo ha definito Alberto Barbera, scomodando il suo aggettivo preferito. Perché senza buonismi, senza ipocrisie, nutrito del sarcasmo di papà Sergio, raccontando quanto la frattura passi a volte dalla vita e da due quartieri romani. In un tappeto di suoni interamente disegnato da Matteo: a piedi, letteralmente. Li intercetta quando gli altri dormono, durante il lockdown ha immagazzinato nel suo archivio gli echi di una Roma sconosciuta, senza uomini ma ricca di gabbiani, campane, selciati. Un bagaglio che riversa nelle storie più diverse: lui insieme a Gianluca Scarpa, tandem ormai rodato.
Ma alle cui spalle ci sono tante professionalità: quelle che al cinema i più neanche notano. Un tappeto di suoni che precede il red carpet. Stavolta nella sezione Orizzonti, come due anni fa in "Un giorno all’improvviso". Matteo fresco di David, vinto con "Inverno", il secondo ad appena 30 anni. Carriera partita giovanissimo, da "La grande bellezza" di Sorrentino o nelle "palestre" di Pieraccioni, D’Alemà, Patierno, Terence Hill. In un passaparola da Roma ad Arezzo: alla quale "rapisce" via via i suoni che ama di più, quelli di casa, anche se non confesserà mai in quali scene li riversa. La voce di un cinema fatto di artigiani più che di vip. Anche se una volta all’anno si infilano lo smoking del nonno e imprimono un’orma sul red carpet dei sogni.