
di Federico D’Ascoli
Amministratori (precari) di giustizia in nome dello Stato italiano. Per chi considera la magistratura una casta che si spartisce poltrone e vive in un perenne carnevale di privilegi la vicenda dei magistrati onorari è un pugno nello stomaco. Ad Arezzo sono una ventina tra giudici di pace, giudici onorari togati e vice procuratori onorari. Due udienze alla settimana di media, nessuna tutela assistenziale e la retribuzione a cottimo per cui si raggiungono circa 1300 euro lordi al mese. Se non ci si mette di mezzo il coronavirus che per tre mesi dello scorso anno ha azzerato le udienze e allo stato attuale le riduce di un buon 30-35%. Per questo i magistrati onorari hanno incrociato le braccia dal 19 al 22 gennaio e alcuni di essi hanno anche portato avanti lo sciopero della fame. Una magistrata onoraria di Palermo, l’altro ieri, è svenuta in udienza dopo dopo sedici giorni senza mangiare, uscendo dall’aula in una sedia a rotelle.
"Consideri che circa il 60% delle cause civili e il 70% di quelle penali è sulle nostre spalle – spiega Sergio Nicchi, vice presidente dell’Associazione nazionale giudici di pace che opera in città – e nonostante questo lo Stato italiano, in nome del quale pronunciamo sentenza, ci considera lavoratori autonomi. Il paradosso sta nel fatto che una sentenza della Corte di giustizia europea e della Corte costituzionale hanno riconosciuto ai giudici onorari lo status di lavoratori subordinati in quanto svolgono le identiche funzioni dei magistrati togati, ma il nostro governo non dà seguito a queste pronunce che tutelano chi si sobbarca la gran parte della mole delle cause in questo Paese".
Una sorta di "caporalato di Stato" che le proteste di questi anni degli ‘onorari’ non hanno minimamente scalfito: "Lavoriamo a cottimo: i giudici onorari prendono 98 euro lordi per le prime cinque ore di udienza mentre i giudici di pace prendono 38 euro per ogni udienza e 56 euro per ogni sentenza che scriviamo. Da agosto entrerà in vigore la riforma del ministro Orlando che prevede 16 mila euro annui, sempre lordi, per due udienze settimanali. Naturalmente con spese previdenziali a carico nostro e con nessun tipo di sostegno in caso di malattia o, per le colleghe, di gravidanza".
I venti magistrati onorari di Arezzo, dopo l’astensione di questi giorni, stanno pensando a una manifestazione regionale a Firenze per attirare l’attenzione delle istituzioni: "Chiediamo un trattamento previdenziale e assistenziale come ogni lavoratore subordinato dello Stato – conclude Nicchi – è inaccettabile che siamo trattati come autonomi e, per certi aspetti, ‘in nero’. Adesso, con la crisi di governo la nostra protesta finirà nel dimenticatoio...".