
La festa in via de' Redi
Arezzo, 7 luglio 2021 - Insigne e Barella al rigore decisivodell’Italia lasciano la birra sul tavolo ed esplodono in un grido di gioia. Al pareggio della Spagna avevano provato a spremerne l’ultima goccia pur di consolarsi. Sono lì, nel chiostro di Sant’Andrea, con la maglia azzurra e il nome che campeggia sulle spalle come fossero quelli veri. E forse lo sono davvero quando cercano di abbracciare Chiesa «attraversando» la parete dell’ex Pretura.
Nel pallone è la notte della paura e del delirio e la città la vive nei vicoli, nelle piazze, nei cortili. Finché la paura evapora e il delirio diventa il compagno di strada di una città che come tante altre dppo un anno e mezzo di pandemi erastanca di soffrire. Non c’è il muro di folla del weekend: c’è un tifo più rarefatto, quello di chi sceglie di godersi la serata dell’anno non da solo, come ha fatto controvoglia nei mesi della pandemia, ma in gruppo.
La notte azzurra diventa il contrappasso al Covid. E il trionfo è lassù, alla Casina del Prato. Al rigore che gondia la rete è il nostro Maracanà. Uno stadio vero, i ragazzi si assiepano e sbucano tra i cespugli, come Ceccherini nel film: ci sono le trombette da curva, ci sono i cappelli tricolori a tuba, ci sono i primi petardi lanciati sul prato. Il prato scritto maiuscolo è sempre lui: gli innamorati focosi guadagnano altri cespugli, quelli familiari a tutte le generazioni.
Quelli più pacati scelgono una panchina strategica: amore sì ma senza perdere una sola mossa di Insigne e Barella, stavolta quelli veri. Il gol gonfia il centro, fa ribollire il salone di Colcitrone come il chiostro di Sant’Andrea. I due quartieri sono vicini, nelle notte di Giostra come in quelle azzurre. Ma per una volta il tifo è comune. Come la delusione: le provvisorie lacrime azzurre rigano la base della MInerva come il vicolo delle Campane al pareggio spagnolo. In un angolo ci sono anche i ragazzi di Rondine, da tutto il mondo: non sono le loro squadre ma è il Paese su cui hanno scommesso.
E tifano Italia, senza se e senza ma. Al gol di Jorginho il vicolo de’ Redi esplode nella classica torcida, al gol di Morata gli schermi di Sant’Agostino erano stati davvero troppi da sopportare. No, quella doccia fredda moltiplicata quattro fa male quattro volte. Ma del resto al film della Nazionale nessuno può sfuggire. Neanche chi passeggia da lontano, neanche chi cerca più il fresco di una rete. Perché lasciano una televisione e ne trovano un’altra.
Grande e grossa in via Cavour, ormai lo stadio quasi ufficiale degli Europei: ma non da meno in San Francesco, dove il «Sottopiazza» fa il pieno. In piazza Grande qualche locale è chiuso, gli altri si spartiscono piatti e telespettatori. Il giardino di Porta de Foro ribolle come il chiostro di Sant’Andrea o il salone rossoverde. La Giostra del tifo è uguale per tutti, colora di azzurro tutte le bandiere.
E le voci delle strade e delle piazze rispondono a quelle delle case: le folate spagnole fanno rabbrividire chi è in poltrona e chi è sulla scalinata di Fraternita o in quella di San Francesco. La notte cerca il suo padrone ma fatica a trovarlo, perché le schermaglie dei novanta minuti diventano quelle dei supplementari. Insigne e Barella hanno finito la birra, quasi come i loro beniamini, spompati dal prato di Wembley. E non sanno se chiederne un’altra, incerti tra la festa e le lacrime.
Ma la notte è loro e di quanti ci hanno creduto fino ad uscire di martedì. I tavolini sul mattonato di piazza Grande sembrano quelli di prima della pandemia: fino a 18 a tavola quasi tutte donne, ma evidentemente i ragazzi sono sotto le Logge o in qualche altro locale, marcando stretto lo schermo.
Sotto le stelle le lacrime e la festa si inseguono, incerte su chi farà sua la serata. Le auto aspettano il boato per i caroselli, i superstiziosi buttano via le chiavi della macchina. Corrono a cercarle: e si lanciano nella rincorsa al sogno che continua.